domenica 30 giugno 2013

Per un Programma Sardo di Prevenzione e Tutela Ambientale

Ogni anno durante il periodo estivo in diverse zone della Sardegna divampano fiamme che puntualmente trasformano la nostra isola in una grande fornace. Tali condizioni avverse sono per meglio dire coadiuvate da tre fondamentali fattori abiotici che caratterizzano l’ambiente insulare: il clima caldo-secco, la siccità e la forte azione da parte del vento che con l’innalzamento delle temperature fanno crescere in modo esponenziale i rischi nell’isola, per cui ogni anno scatta l’allerta incendi.

Speculazione edilizia, semplici piromani, disattenzioni di troppo? È chiaro che individuarne le cause non è affatto semplice, ma la questione degli incendi è un problema che attanaglia da sempre la Sardegna e gli sforzi sin’ora fatti si sono mostrati fallimentari. Eludere il problema senza mai risolverlo alla radice ha comportato uno sperpero di risorse ed una perdita sempre maggiore del manto forestale, compromettendo una potenziale ricchezza come il turismo ambientale. È uno scenario desolante per noi Sardi e per chiunque venga da fuori osservare ettari di terreno coperti da un manto corvino. L’intero paesaggio della Sardegna mette a nudo la bellezza e la selvaggia natura dell’isola: un’enorme ricchezza costruita nei secoli che non può essere preda delle fiamme. Questo però non sembra sfiorare minimamente gli interessi di Roma, perché mentre la Sardegna brucia, lo Stato italiano come un assuefatto giocatore di Risiko, dilapida le risorse nell’acquisto di F-35 e, piuttosto che affidare alla Regione Sardegna un numero sufficiente di Canadair per fronteggiare l’emergenza, non solo li dimezza ma preferisce destinare le risorse altrove e l’assurdità di questo circolo vizioso non può essere giustificata dalle mentite spoglie di una missione di pace.  

Oggi la Sardegna non è in grado di fronteggiare calamità di questa portata. Per tanto, se lo Stato che gioca ancora all’imperialismo non è capace di garantire la copertura necessaria, è opportuno che la Sardegna prenda il pieno controllo dei propri servizi, per questo è importante sviluppare un Programma Sardo di Prevenzione e Tutela Ambientale, ma non solo. È molto importante, ad esempio, incentivare lo sviluppo di una coscienza ambientale dei sardi e dei visitatori dell’isola specialmente nei mesi estivi nei quali l’emergenza incendi si fa sentire maggiormente.   

Una adeguata coscienza ambientale dovrebbe essere favorita già durante l’infanzia. Per tanto la scuola sarda è chiamata a ricoprire un ruolo cruciale nell’educazione dei giovani. È indispensabile che maturino nel corso della loro formazione una coscienza di tutela del patrimonio ambientale anche perché al di fuori della sfera famigliare si sentano partecipi della gestione di un bene imprescindibile. Oggi giorno è necessario plasmare le responsabilità individuali di ogni cittadino attraverso un percorso formativo in modo tale che l’etica del comportamento e le azioni quotidiane siano integrate tra loro. Solo così è possibile una rivoluzione Copernicana capace di scardinare quella concezione antropocentrica che da sempre ha accompagnato l’essere umano, per fare spazio ad una più ampia prospettiva globale e collettiva.   

Nell’evitare in futuro calamità del genere occorre sviluppare un programma che garantisca la pulizia da stoppie e da residui vegetali dai cigli delle strade, i principali punti nevralgici di un potenziale incendio e per una migliore rete di soccorso può divenire utile incentivare l’esodo verso le campagne, magari attraverso la realizzazione di una rete di Cooperative Agricole Ecosostenibili che sappiano sfruttare il normale ciclo della natura attraverso l’impiego di nuove tecniche agronomiche e pastorali. In questo modo sarà possibile evitare il degrado e il depauperamento delle campagne. E’ importante evitare che la campagna venga lasciata a se stessa anche perché, promuovendo e incentivando attività come il rimboschimento, non solo è possibile depotenziare il dissesto idrogeologico, ma si può creare la base di tante attività economiche, sociali e culturali.     

La salvaguardia e la valorizzazione degli spazi verdi dell’entroterra in modo particolare, possono rappresentare una grossa fetta dell’economia isolana. Il cercare di ridurre al minimo i focolai può portare grossi benefici anche in termini di biodiversità. È risaputo ormai che l’incendio è una delle tante cause della frammentazione degli habitat, un fenomeno soprattutto antropico che negli ultimi anni è cresciuto notevolmente; questo compromette l’esistenza di molte specie, e in modo particolare la parcellizzazione dell’habitat in tante patches incrementa la vulnerabilità di tutte quelle piccole forme endemiche che caratterizzano la biodiversità insulare.  

Nùgoro 30/06/13 
Edoardo Cossu 
Assòtziu Zirichiltaggia
 

mercoledì 12 giugno 2013

Assemblea Popolare dei Lavoratori Sardi

Sabato 8 giugno si è svolta a Porto Torres un’assemblea popolare in cui si è dato sfogo al malessere che caratterizza questo stato di crisi economica ormai devastante in cui versa la nostra isola. Promotori e protagonisti dell’iniziativa i lavoratori arrivati da tutta la Sardegna in rappresentanza delle tante vertenze che negli ultimi anni hanno caratterizzato più o meno tutti i settori economico-produttivi.

Nel corso dell’assemblea, svoltasi nella città simbolo del nord Sardegna per quel che riguarda un modello di sviluppo industriale dimostratosi fallimentare, si sono susseguiti gli interventi dei lavoratori che hanno tracciato un quadro di una situazione che si può definire, senza esagerare, catastrofica: non solo non si riesce a recuperare i posti di lavoro persi sin’ora, ma quello che si prospetta all’orizzonte è tutt’altro che la fine della crisi.
Argentino Tellini, ex operaio della Vinyls - uno dei protagonista della protesta dell'Isola dei Cassintegrati dell'Asinara - e Cristiano Sabino, portavoce di a Manca pro s’Indipendentzia - intervenuto all’assemblea soprattutto nelle vesti di precario del mondo della scuola - hanno in particolar modo, più volte, posto l’attenzione sulla necessità di creare un coordinamento dei lavoratori al fine di poter proseguire questi incontri e definire quindi azioni di solidarietà e di lotta comuni, sfatando vecchie contrapposizioni del mondo del lavoro con divisioni profonde e contrasti tra operatori del settore industriale e operatori del comparto agro-pastoriale, così come quelle tra gli ambientalisti e chi cerca di difendere la dignità del proprio posto di lavoro. Più volte, nel corso dell’assemblea si è richiamata l’attenzione sulla necessità di costruire degli spazi di dialogo per rendere veramente protagonisti delle lotte i lavoratori, pur partendo da presupposti e idee diverse ma tutti con la consapevolezza che i problemi della Sardegna non possono che essere affrontati da tutte le realtà lavorative in maniera unitaria.

A Porto Torres hanno preso la parola i lavoratori della Vinyls, dell'E.On, del petrolchimico, della zona del Sulcis iglesiente - territorio che detiene il triste primato di provincia più povera d’Italia - i lavoratori dell’Alcoa e del Carbosulcis. Sono intervenuti anche i lavoratori dell’Auchan di Sassari, dell’ex zuccherificio di Villasor, i ferrovieri, i lavoratori del Banco di Sardegna e una rappresentanza del Movimento Pastori Sardi che ha ricordato la persecuzione dello stato italiano nei confronti dei pastori vittime dell’aggressione della polizia avvenuta tre anni fa al porto di Civitavecchia, quando il movimento decise di inviare una delegazione a Roma per proporre un accordo al ministero dell’agricoltura che avrebbe dovuto risolvere una vertenza rimasta invece inascoltata.
Ognuno ha portato la propria esperienza di lotta e le proprie preoccupazioni, senza dimenticare i tantissimi disoccupati, i cassaintegrati ed esodati sardi e le difficoltà vissute anche da una parte importante del tessuto economico dell’isola: quello rappresentato dalle partite iva.
Di grande impatto l’intervento del sindaco di Ottana, Gian Paolo Marras,  il quale ha posto l’accento sull’inutilità e i problemi che derivano dall’ostinazione a riproporre modelli di sviluppo industriale ormai superati, stimolando quindi l’interesse verso un dibattito che dovrebbe portare la Sardegna a costruire altre strade di sviluppo alternative a quelle passate, portando inevitabilmente l’attenzione su quanto sia d’importanza primaria dare avvio alle bonifiche dei territori inquinati per poter rendere possibile una loro riqualificazione economica ed ambientale.
Nel corso dell’incontro non sono mancate le accuse nei confronti di una politica affaristica, sempre più assente ed incline a conservare i suoi privilegi, a dimostrazione di quanto sia enorme lo scollamento con quelle che sono le reali esigenze della società sarda, ridotta allo stremo di fronte all’indifferenza di chi dovrebbe invece tutelarci e difendere le istanze delle categorie produttive in maggiore difficoltà.
Ciò che è emerso ancora una volta da questo incontro è che non esistono vertenze isolate di uno specifico settore lavorativo ma che esiste solo un'unica realtà disagiata che in Sardegna riflette in maniera evidente la contrapposizione di interessi tra lo Stato Italiano e la nostra Nazione: la Sardegna. Si tratta di riallacciare i rapporti di solidarietà tra tutte le categorie produttive dando avvio ad un processo di consapevolezza che i problemi del nostro Paese non si risolvono se non nell’ambito di una lotta comune dell’intera società sarda.

Ragionamento a parte merita infine l’appello di Bustianu Cumpostu, coordinatore di Sardigna Natzione Indipendentzia che a fronte della pesante situazione di crisi dell’isola, ha lanciato l’idea di riunire gli “stati generali dell’indipendentismo”. Proposta di sicuro interesse ma che arriva con circa due anni di ritardo rispetto a quello che è stato il dibattito sollevato attorno alla convergenza nazionale proposta da AmpI nel 2010 e alla stessa proposta di convocazione di una Assemblea Generale Indipendentista di cui anche noi ci siamo fatti portatori nel 2011. Infatti una proposta di questo tipo rischia oggi di rimanere lettera morta se si considera che non siamo troppo distanti dall’appuntamento elettorale del 2014 per il rinnovo del consiglio regionale e che già si starebbe delineando uno scenario in cui più organizzazioni indipendentiste parteciperebbero a queste elezioni ognuno per proprio conto, con le proprie strategie e i propri candidati. Di questi giorni è per esempio la notizia - seppur non confermata – di una possibile candidatura della scrittrice Michela Murgia per Progres-Progetu Repùblica o di una sempre più probabile “collaborazione” tra Irs e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Crediamo che se queste e altre voci venissero confermate si assisterebbe ad una riproposizione di logiche politiche superate dalle esigenze di offrire ai sardi un’alternativa credibile di sovranità e indipendenza, finendo invece per apparire irrimediabilmente divisi e inclini a percorrere strade diverse e contrapposte, alimentando ulteriormente l’immagine di un movimento indipendentista incapace di costruire la propria alternativa ai poli italianisti.
La proposta di convocazione degli stati generali dell’indipendentismo merita in ogni caso di esser sostenuta in previsione della creazione di un progetto a medio-lungo termine che non si esaurisca all’indomani delle elezioni e che non resti soltanto un appello elettoralistico del tutto privo di consistenza. La convocazione degli stati generali dell’indipendentismo, in forma inclusiva e assembleare, ossia aperta a tutte le anime del movimento, crediamo non possa essere procrastinata all’infinito se davvero l’indipendentismo vuole proporsi come la soluzione in grado di imprimere il cambiamento nella società sarda riuscendo ad interpretare e rispondere in modo reale alle aspettative del mondo del lavoro, emerse ancora una volta in modo chiaro ed urgente nell’assemblea di sabato scorso a Porto Torres.

Tàtari 11/06/2013
Assòtziu Zirichiltaggia

domenica 2 giugno 2013

Per un’Università Sarda al di fuori della potestà legislativa dello Stato Coloniale.

Per un’Università Sarda al di fuori della potestà legislativa dello Stato Coloniale.
Di Andrìa Pili

Gli indipendentisti si sono presentati, per la prima volta, alle consultazioni elettorali per eleggere il rappresentante studentesco nel consiglio d'amministrazione dell'Ersu. Scida è l'organizzazione giovanile che - in questi ultimi due mesi - ha formato un comitato studentesco volto a lavorare entro l'ateneo cagliaritano, portando avanti l'obiettivo della creazione di un'Università Sarda, al di fuori della potestà legislativa dello Stato centrale.

Dopo decenni ove lo scontro studentesco si è articolato in base alla dicotomia Sinistra unionista/Comunione e Liberazione, Scida ha il merito di aver portato, nella politica universitaria, l'unica vera dialettica presente nella nostra terra: Stato italiano contro Nazione Sarda. Laddove, la prima entità - intesa non solo come apparato politico-giuridico e coercitivo ma anche come organizzazione sociale, entro cui convergono diversi gruppi di interessi - è rappresentata dai raggruppamenti studenteschi espressione di tendenze e partiti di chiaro stampo italianista (Unica 2.0 e CL sono, da questo punto di vista, lo stesso avversario, due manifestazioni dello stesso fenomeno), mentre la Nazione sarda è rappresentata dal nostro comitato studentesco - che io ricordi, il primo dichiaratamente e inequivocabilmente indipendentista - e da quegli studenti che, senza aderire ad organizzazione alcuna e con una coscienza politica immatura, manifestano un chiaro sentimento di disagio nei confronti di istituzioni e rappresentanze gestite - dalle forze unioniste - come strumento di potere colonialistico.

Tale sentimento si è espresso - oggi come nelle precedenti consultazioni - attraverso l'astensione. Le dimensioni di questa (circa il 90%) sono tanto enormi da indurci a spostare il giudizio dalla presunta ignavia degli studenti, al modo in cui gli enti - che dovrebbero essere espressione di tutti gli studenti - sono stati gestiti.  La sinistra unionista ha vinto anche stavolta - continuando la tendenza degli ultimi tre anni - ma ha perso consensi: l'eletto Francesco Pitirra ha preso 250 voti in meno della rappresentante uscente Alice Marras; ciò significa che gli studenti "cagliaritani" non si strappano i capelli per il lavoro di Unica 2.0. La vittoria di quest'ultima si deve sia alla palese incompetenza manifestata dal candidato cattolico Tore Caria, quanto ad una fascia di consenso creatasi o con l'operato di associazioni -  alcune delle quali gestite in maniera assai poco etica -, l'organizzazione di eventi aggregativi - anche durante la propaganda elettorale, in maniera decisamente scorretta - o con la falsa apparenza di difensori dal processo dequalificante delle Università, incarnato - nell'immaginario collettivo - dalle politiche di Destra, che hanno danneggiato indubbiamente - negli ultimi dieci anni - la forza dell'associazionismo clericale.

Scida ha ricevuto il 5.3% dei voti (152 in assoluto, su circa 3000 votanti); in alcuni seggi - come quello di Economia - Scienze Politiche e Oristano, la lista ha raggiunto circa il 10% dei consensi. Questo risultato non può che renderci soddisfatti; innanzitutto, perchè lavoriamo entro gli atenei da soli due mesi; perchè è il frutto di due settimane di campagne elettorale, compiuta con mezzi assolutamente poveri se comparati a quelli dei nostri avversari; perchè l'indipendentismo politico - nei suoi singoli movimenti - non viaggia su percentuali maggiori alla nostra che rappresenta, dunque, un ottimo esempio di convergenza nazionale. Ora il lavoro di Scida proseguirà. Non ci interessa la Testimonianza e tanto meno la "simpatia" unionista, rivolta sempre verso i perdenti don Quixote. Il percorso verso l'Università Sarda sarà compiuto attraverso la costruzione - per gli studenti, insieme ad essi - di una seria alternativa all'unionismo, con onestà e trasparenza unite alla conoscenza dei problemi reali degli studenti comuni quanto all'edificazione di un progetto di Università sardocentrica, di una posizione definita riguardo le politiche universitarie. E' necessario smascherare la sinistra unionista - la quale è funzionale ad irreggimentare, verso lo Stato, le giuste preoccupazioni degli studenti - quanto condannare, senza remore, la tendenza all'estrazione di valore finanziario dagli atenei, che gli schieramenti unionisti portano avanti in modo unanime - in ottemperanza al Processo di Bologna e alle idee neoliberali imperanti - danneggiando  ulteriormente gli atenei sardi. In sintesi: non può esserci diritto allo studio entro un'educazione colonizzata. Questo è il nostro messaggio, con il quale creeremo coscienza nazionale incitando gli studenti sardi a costruire la propria Università, guardando a loro non come "numeri" da inserire nel gioco elettorale ma come protagonisti di un'autentica rivoluzione.
Foto: Comitato Scida2013