giovedì 20 febbraio 2014

Lo spoglio in diretta

Foto: affissioni elettorali abusive a Sassari, Via Gavino Pinna
Per quanto inusuale, affidiamo ad uno scritto di Daniela Piras non una classica riflessione politica sulle elezioni appena concluse ma un punto di vista, una prospettiva narrata con gli occhi di chi, dall’altra parte di uno schermo televisivo, ha assistito alla riconferma di un sistema consolidato di potere; il quale celebra se stesso con la retorica politica di chi ha la consapevolezza che da domani nulla sarà cambiato.
Assòtziu Zirichiltaggia
19.02.2014


Lo spoglio in diretta
di Daniela Piras

Lo spoglio delle schede elettorali era quasi concluso. Il risultato era già certo e nella rete televisiva sarda era in corso una trasmissione in diretta in cui politici, giornalisti e opinionisti si scambiavano le prime impressioni.
A vederli attraverso lo schermo della televisione si intravedeva la noncuranza con cui stavano adagiati sulle poltrone dello studio.
Attraverso il segnale digitale arrivava quasi il coro dei sospiri di sollievo degli eletti.
Quelle poltrone erano il preludio di ben altre poltrone, quelle del consiglio regionale.
La mancata candidata del centro sinistra, sostituita a poche settimane dal voto perché inquisita, sorrideva con un ghigno, sistemandosi il bavero della giacca blu del suo tailleur. Pensava che sarebbe riuscita nel suo obiettivo, quello di restare all’interno del palazzo di viale Trento, in un modo o nell’altro. Era questione di strategie e di mettere a frutto anni di esperienza, forse non avrebbe avuto l’accesso dal portone principale ma nulla le vietava di intrufolarsi dalla finestra.  
Affianco a lei gli altri impiegati della politica, ugualmente comodi nei loro abiti di alta sartoria. 
Il giornalista al centro dello studio alternava domande a considerazioni, disquisiva delle percentuali raggiunte, di strategie politiche, di coalizioni di convenienza e di un fatidico “ritorno alla politica seria”.
Tra le facce degli ospiti, però, non sembravano esserci differenze evidenti.
Politici al loro ultimo giorno di potere e rampanti parlamentari freschi di mandato avevano la stessa espressione, stupita e soddisfatta insieme.
Trasudavano freddezza. Lontani anni luce da quello che era il pubblico dall’altra parte dello schermo.
Lo spazio dato ai movimenti indipendentisti non era tanto, sull’argomento regnava il caos, uno dei neo-eletti, evidentemente poco informato, parlava del progetto indipendentista come una “moda del momento”, altalenando concetti confusi a frasi fatte che non riuscivano a catturare l’attenzione degli ospiti ormai stanchi dalle lunghe ore della diretta Tv. 


Foto: affissioni elettorali a Sassari
Tra i rieletti spuntavano nomi di indagati compiacenti al sistema assodato del voto di scambio. Indagati, sì, ma pur sempre grandi affabulatori e potenti erogatori di promesse di favori/lavori/collocazioni/spinte varie.
Privi di argomenti di reale interesse, la discussione si spostava sul numero dei seggi assegnati agli uomini e su quanti aggiudicati alle donne.
Capigliature sfatte, mascara che appesantivano gli occhi. Camice sudate sotto le giacche impagliate dei politici facevano mostra all’interno dello studio dalle luci basse.
La diretta stava per concludersi. Gli ospiti continuavano a rivolgersi ai sardi, all’elettorato sardo, azzardando congetture su quello o quell’altro motivo che aveva portato la popolazione a segnare la croce su un simbolo anziché su un altro.
Il presidente neo-eletto, alla fine dei calcoli, risultava scelto da una percentuale che si assestava a meno del 22% degli elettori sardi.
Una consistente parte degli aventi diritto, la metà, aveva preferito non recarsi ai seggi.
Il governatore non interpretava certamente la maggioranza dei suoi cittadini.
Dal giornalista e dai vari opinionisti che analizzavano i risultati, gli astensionisti venivano classificati velocemente come pigri/inermi/rassegnati/disinteressati.
Davanti allo schermo, tantissimi cittadini seguivano la trasmissione cercando di capire cosa sarebbe successo dal giorno seguente.
Tra loro anche tantissimi non votanti che avevano scelto di tenersi lontano dai seggi.
Lontani, però, lo erano stati solo fisicamente e non certo per disinteresse.
Più verosimilmente avevano scelto di non esercitare il sofferto diritto perché non avevano individuato, tra i tanti faccioni sorridenti appesi in ogni angolo, coloro ai quali sentivano di poter delegare la loro parte di potere decisionale, non li trovavano né presentabili, né tanto meno candidabili.
Il giornalista chiuse la diretta visibilmente esausto dalle ore di lavoro.
I politici salutarono i telespettatori con il loro sorriso migliore, ringraziando del nuovo potere acquisito.
Negli occhi lucidi s’intravedeva la stanchezza, erano davvero sfiniti dalla campagna elettorale.