lunedì 24 marzo 2014

Tesi programmatica (Deliberazioni 2° assemblea nazionale)

Tesi programmatica 
(Deliberazioni 2° assemblea nazionale)

L’attuale situazione politica
Il movimento indipendentista sta crescendo, le battaglie portate avanti in quest’ultimo decennio hanno fatto emergere nella società sarda una rinnovata voglia di riscatto e di opposizione a un’idea di Sardegna oggetto di sfruttamento energetico e militare, immensa servitù o bacino elettorale ad uso e consumo dei partiti italiani asserviti agli interessi d’oltremare. Tuttavia il movimento indipendentista non è riuscito ad interpretare la voglia di riscatto e di cambiamento popolare, presentandosi alle ultime elezioni agli occhi dei sardi in formazioni fra loro disunite e contrapposte ed evidentemente non capaci di rappresentare un’alternativa credibile al sistema politico centralista. Risulta essere questo il principale limite che l’indipendentismo deve superare. La scarsa volontà di dialogo, i personalismi esasperati e una competizione sterile per l’egemonia hanno infatti fin’ora reso di difficile attuazione qualsiasi percorso unitario ed allontanano entusiasmi e risorse preziose dalle stesse organizzazioni indipendentiste.
Tuttavia il quadro politico che viene fuori dalle scorse elezioni regionali offre uno scenario nel quale sono presenti due formazioni alternative ai partiti unionisti, Sardegna Possibile (con forte trazione indipendentista) e Fronte Indipendentista Unidu che hanno raccolto rispettivamente quasi 76.000 e 8000 voti, a riconferma della presenza in Sardegna di una solida base sulla quale costruire un futuro progetto di governo in grado di scalzare i soggetti centralisti. Tenuto inoltre presente dei tantissimi indipendentisti che non sentendosi rappresentati e considerando andata in fumo l’occasione storica di presentare una lista unitaria, non sono andati a votare e quelli che, la loro preferenza, l’hanno data alla lista Zona Franca o ad uno dei movimenti o partiti che, pur avendo genesi in Sardegna e richiamandosi in qualche modo all’indipendentismo, hanno corso all’interno degli schieramenti italiani o, ancora, alla lista del camaleontico Mauro Pili. 

Un nuovo impulso politico per una strategia unitaria
Superare il limiti dovuti alla frammentazione del movimento indipendentista resta la sola cosa da fare in vista del duro lavoro che ci attende sui territori e della necessità di influire significativamente sul dibattito politico sardo attraverso le nostre tematiche e le nostre lotte. Si avverte chiaramente la necessità in ambito indipendentista di dare vita ad un confronto post-elettorale pubblico e inclusivo, quale nuova fase costituente di un percorso unitario. Per questo crediamo sia necessario avviare oggi e non a pochi mesi dalle prossime consultazioni regionali, un percorso di dialogo che non può che attuarsi se non con la convocazione degli stati generali dell’indipendentismo, ossia di una assemblea generale capace di dare nuovo impulso alla lotta per l’indipendenza rendendo tutti, indipendentisti organizzati o no, protagonisti del processo di riunificazione strategica del movimento nazionale sardo.

Non ci sono più alibi o scuse per sottovalutare l’importanza di un percorso di questo tipo specialmente in virtù di un esito elettorale che ha inesorabilmente fatto emergere i limiti di un frazionismo sterile e controproducente.

Sardigna Indipendèntzia 2.0

Le basi per un Movimento di Unione Nazionale 
Oggi più che mai è necessario riflettere sul percorso compiuto dall’indipendentismo nell’ultimo decennio; un indipendentismo che si è contraddistinto per aver spinto la società sarda a reagire davanti allo sfruttamento indiscriminato del nostro territorio, trasformato in discarica, depredato delle sue risorse e reso povero da politiche economiche di sottosviluppo e di omologazione culturale sempre più pressanti e presenti nel nostro tessuto sociale. Una riflessione che ci porta inevitabilmente a considerare che pochi sono stati i traguardi raggiunti sul piano elettorale nonostante le tematiche indipendentiste abbiano fatto breccia tra molti sardi e soprattutto tra le nuove generazioni, che non considerano più l’indipendentismo un sogno romantico o velleitario ma un progetto politico per cui battersi e attraverso cui creare le condizioni di una vita migliore. Un progetto politico che sia espressione delle aspettative della nostra gente e che sappia disegnare i contorni di un futuro ordinamento istituzionale sulla base del quale si vuole costruire l’indipendenza della Nazione Sarda.

È su queste consapevolezze che dobbiamo avere il coraggio di promuovere nell’ambito di un ampio dibattito pubblico le basi per una nuova fase costituente dell’indipendentismo, che sia capace di dar vita ad un movimento di “unione nazionale”, plurale, democratico e costituito su base federale, in modo tale da consentire alle attuali organizzazioni di mantenere la propria autonomia elaborativa e organizzativa sui territori ma in sintonia con una politica nazionale omogenea e in grado di influire sull’esito di ogni futura consultazione elettorale. Un movimento che sappia raccogliere l’enorme patrimonio politico accumulato in anni di lotta da un mondo indipendentista oggi frammentato in mille rivoli ed evidentemente incapace di incidere compiutamente sulla vita politica dell’Isola. Un movimento che sia capace di assumere una veste propositiva per dare risposte concrete e credibili alle problematiche sociali ed economiche della nostra terra, attraverso il suo radicamento nel tessuto sociale sardo, l’elaborazione politica e la lotta popolare, democratica e non violenta; contribuendo quindi alla costruzione di una vera all’alternativa politica indipendentista ai blocchi unionisti.

Riteniamo che questa sia l’unica prospettiva sulla quale valga la pena lavorare ed è ciò per cui intendiamo adoperarci in futuro.

Non stiamo chiedendo in questa fase di sciogliere le organizzazioni esistenti e di formarne una nuova. Stiamo chiedendo di avviare un dibattito pubblico ampio e inclusivo nel quale dar vita ad un vero e proprio spazio di confronto, di elaborazione e di lotta comune e condiviso.

Sardigna Indipendèntzia 2.0 è lo slogan con il quale abbiamo voluto presentare questa proposta, dando un segnale di avvio di una nuova fase di organizzazione e sviluppo del movimento indipendentista sardo, una fase che sappia coinvolgere compiutamente individui, gruppi, associazioni, circoli, comitati ecc. sulla base della condivisione dei valori e dei principi che da sempre contraddistinguono le nostre lotte.

Una proposta:  
Una lista elettorale per il comune di Sassari 
Tra i terreni di confronto che possono contribuire ad un radicamento dell’indipendentismo sul territorio e che meglio si prestano ad una azione unitaria, vi è quello dei rinnovi delle amministrazioni comunali. L’elezione della nuova giunta elettorale di Sassari, la seconda città della Sardegna,  è fissata per il 25 maggio, in concomitanza con il rinnovo del parlamento europeo.

Riteniamo sia doveroso da parte degli indipendentisti prendere parte a questa consultazione elettorale e ci rendiamo disponibili a sostenere e a partecipare all’elaborazione di una proposta che ponga come imprescindibile ai processi di democratizzazione e di ricomposizione strategica dell’indipendentismo quello di una scelta del candidato sindaco attraverso elezioni primarie, unico mezzo in grado di rendere la base partecipe alla costruzione di una alternativa credibile ai partiti italiani.

Nonostante i tempi ristretti nei quali ci troviamo ad avanzare tale ipotesi di lavoro, siamo persuasi dal ritenere possibile la sua attuazione in virtù del fatto che ad oggi non è stata ancora definita alcuna proposta elettorale da parte di nessuna organizzazione indipendentista e ritenendo più che sufficienti i due mesi che ci separano dal voto per procedere in una scelta condivisa e collegiale del candidato sindaco.  

Conclusioni:
Un possibile percorso 
Il presente documento vuole dare l’impulso per l’apertura di un confronto inedito fra indipendentisti e tracciare in senso compiuto una strada di lavoro per tutti coloro che hanno aderito all’Associazione Zirichiltaggia o che vorrebbero farlo in prospettiva di quanto realizzato nel corso degli anni e di ciò che intendiamo realizzare e proporre in futuro.
In tal senso ci adopereremo per l’attuazione di tre punti:
1) La nascita di uno spazio di dibattito indipendentista;
2) L’avvio di una fase di confronto con le organizzazioni indipendentiste sensibili alle nostre tematiche.
3) La conseguente ridefinizione del ruolo politico-culturale dell’Associazione Zirichiltaggia.

Deliberazione 2° Asssemblea Nazionale
Assòtziu politicu-culturale Zirichiltaggia 
Tàtari, 23/03/2014
 


CAMPAGNA DI ADESIONE ANNO 2014

Foto. Cagliari, manifestazione Contr'a su Nucleare 26.03.11
Assòtziu politicu-culturale Zirichiltaggia 
CAMPAGNA DI ADESIONE ANNO 2014

Premessa: 
L’Associazione Zirichiltaggia è un collettivo politico-culturale nato a Sassari nel 2009 nell’ambito della lotta contro il nucleare in Sardigna. Sono stati temi come l’ambiente insieme al concetto di sovranità fondamentale per il nostro territorio i punti cardine in cui si è svolta la nostra attività.

L’Ass.ne Zirichiltaggia, data la sua collocazione nell’ambiente indipendentista, si è mossa a sostegno delle iniziative volte al perseguimento dell’unità degli indipendentisti, partecipando alla composizione di uno spazio di dibattito e di confronto pubblico e finalizzato alla convocazione dell’AGI (l’Assemblea Generale Indipendentista). 

Dopo 4 anni e mezzo abbiamo deciso di raccogliere le esperienze maturate nell’ambito della politica, delle manifestazioni e delle altre iniziative popolari alle quali abbiamo partecipato, aprendo una fase di discussione interna finalizzata al rilancio di alcune tematiche a noi care come il tema dell’unità indipendentista e lo sviluppo di reti territoriali di lavoro.

L’Associazione Zirichiltaggia non è un partito politico e non intende diventarlo in futuro. Il nostro obiettivo è creare uno spazio di confronto e dibattito condiviso. L’adesione alla nostra associazione non comporta la sottoscrizione di tessere ma la partecipazione ad un processo di unificazione indipendentista nel rispetto del pluralismo, della democrazia e del confronto paritario con tutte le componenti del movimento nazionale sardo.

Adesione: 
Possono dare la loro adesione all’Associazione Zirichiltaggia tutti coloro che, indipendentemente dalla nazionalità, né condividono i principi, che siano maggiorenni e che non facciano parte di partiti politici, movimenti o associazioni le cui finalità e attività sono in contrasto con il diritto all’autodeterminazione del popolo sardo.

Per aderire basta compilare e inviare il modulo sottostante:









martedì 11 marzo 2014

“Oil Dogs”: le incontenibili lobby del petrolio

Le incontentabili lobby del petrolio sono pronte a setacciare come possenti “unità cinofile” un’area rettangolare di 21 mila km2 nel mare di Sardegna con l’intento di ricercare e quindi fiutare possibili idrocarburi nel sottosuolo marino. E’ questa l’ennesima e obsoleta frontiera degli “Oil Dogs”. L’area di prospezione si estende dall’Asinara sino alla costa dell’Oristanese coinvolgendo anche il tratto di mare delle isole Baleari. La zona di interesse è già da tempo entrata nell’orbita delle fameliche compagnie petrolifere che guardano al Mar Mediterraneo come un vero e proprio Eldorado. Eppure non serve l’occhio vigile di un critico d’arte per rendersi conto di quante piattaforme già stazionano come quadri d’autore nella sempre più desolata tela marina. E quello che prima era considerato un mare salubre, è oggi diventato un vero e proprio bacino dei veleni: di fatto transitano via nave oltre 350 milioni di tonnellate annue di idrocarburi; circa un 10% di petrolio deborda durante l’azione di trivellazione e un altro 3% proviene da incendi o peggio ancora da collisioni navali. Se poi consideriamo che il bacino del Mar Mediterraneo rappresenta lo 0,7% della superficie marina mondiale e che ha un tempo di rinnovamento della sua massa d’acqua superficiale di circa 80 anni, non è poi così difficile rendersi conto perché sia diventato nel tempo il mare con il più alto tasso d’inquinamento da petrolio, ma questo non sembra turbare i febbricitanti cercatori di oro nero che invece rilanciano le loro richieste di prospezione e di ricerca con la complicità di una classe politica completamente disinteressata alla salvaguardia ambientale, continuando così ad alterare un ecosistema già abbondantemente compromesso in nome di una mentalità speculativa senza limite. Tutto questo avviene oltretutto senza che si tenga minimamente conto del reale fabbisogno economico delle popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo, alle quali non sarà arrecato alcun reale vantaggio economico e che dovranno invece subire nel lungo periodo un danno enorme in termini ambientali.

Non vi è alcuna certezza sulla quantità di idrocarburi presenti nei potenziali giacimenti nei fondali del Mediterraneo ma anche se vi fosse riteniamo che la scelta di effettuare tale ricerca dovrebbe ricadere sulle popolazioni che invece non vengono mai coinvolte dalle decisioni prese dallo stato italiano a favore evidentemente degli interessi delle multinazionali energetiche interessate.

Contrari ad ogni ipotesi di indagine esplorativa a largo delle coste sarde, sollecitiamo una fattiva convergenza d’intenti da parte di tutte le organizzazioni indipendentiste e i comitati ambientalisti sensibili alla tematica, verso un solido fronte di dissenso nei confronti dell’ennesimo scempio a danni delle nostre più preziose ricchezze naturalistiche.

Nessuno può imporre alla Sardigna forme di sfruttamento energetico lontani dal buon senso e dagli interessi collettivi del nostro popolo, specialmente dopo lo scempio ambientale creato da una selvaggia industrializzazione e modelli di sviluppo rivelatosi dannosi e fallimentari.  Auspichiamo pertanto una presa di posizione netta della RAS contro l’assalto delle compagnie energetiche sui nostri mari poiché è ormai chiaro che perseguire questi progetti significa distruggere l’identità e il futuro economico della Sardegna.

Associazione Zirichiltaggia

Approfondimenti:
È risaputo che un eventuale nuovo sistema di perforazione offshore - che poi andrebbe ad aggiungersi alla già invasiva costellazione di piattaforme fisse o mobili - comporta inevitabilmente smottamenti e tumulti del fondale marino finendo per recare danni agli organismi bentonici e non solo. La letteratura scientifica d’altra parte ha evidenziato come la prospezione geofisica con sistema di tipo – airgun o watergun – sia in grado di provocare danni relativi al sistema uditivo, alla linea laterale, alla vescica natatoria e determinare anche alterazioni sulla biologia comportamentale, sullo sviluppo embriologico e sulla fitness di pesci e mammiferi marini. Ma che cos’è la tecnica airgun? Consiste nel rilasciare aria compressa la cui energia è convertita poi in onde meccaniche che diffondono in modo continuo nel fluido ad una data velocità, raggiungendo una scala logaritmica di 210 decibel, ovvero un miliardo di volte più intenso di un concerto rock. Ma in un fondale marino il grado di tollerabilità non supera i 180 decibel come ha spiegato il fisico Maria Rita D'Orsognae, (docente universitario della CSUN Math Department di Los Angeles) e pertanto ogni sparo è da considerarsi estremamente pericoloso in quanto non solo può interferire nell’orientamento delle specie marine, basti pensare alle balene, ma d’altra parte può risultare potenzialmente letale per le diverse popolazioni che prendono parte alla comunità marina. A questa si aggiunge l’illuminante ricerca condotta dall’ISPRA - Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – che spiega come: “il crescente livello di acidificazione dei mari, dovuto alle maggiori quantità di CO2 nell’acqua provoca un aumento dell’inquinamento acustico sottomarino, poiché ad una crescita del grado di acidità corrisponde una riduzione della capacità dell’acqua di assorbire ed attenuare le frequenze acustiche”. 

Tutto questo non solo finisce per alterare il delicato ecosistema marino, ma determina ancora una volta un incremento del grado di vulnerabilità di tutti quei punti caldi - hot spot - di biodiversità presenti all’interno del Mediteranno e che fanno di questo uno dei più importanti ecosistemi al mondo. Inoltre un impianto di perforazione sia di terra che di mare rientra tra le attività antropiche che contribuiscono all’alterazione del normale ciclo del carbonio, e questo si aggiunge ai cambiamenti di salinità e di acidificazione che i nostri oceani stanno registrando negli ultimi cinquant’anni, finendo per alterare persino il ciclo dell’acqua, uno dei più fondamentali cicli dal quale dipendono tutti gli altri. È bene perciò comprendere quanto la somma di queste possa gravare pesantemente anche  e soprattutto sul riscaldamento globale del pianeta e non solo sulla disponibilità di nutrienti all’interno di un ecosistema.

Al giorno d’oggi stiamo assistendo ad un rapido decadimento dei biosistemi non più capaci di produrre rispetto alla capacità di carico e l’intervento dell’uomo è il principale responsabile di questo repentino deficit ecologico. La vita produttiva di un pozzo poi è destinata ad esaurirsi in breve tempo e ciò comporta la necessità di effettuare seconde trivellazioni altrove per mantenere la produzione stabile. Per non parlare poi degli esorbitanti costi esponenziali di gestione e manutenzione che gli impianti di perforazione richiedono. Si entra così in un circolo vizioso senza fine, che per certi aspetti ricorda molto la controversa vicenda delle centrali nucleari.
L’azione di perforazione del suolo marino necessita poi l’utilizzo di speciali fluidi o fanghi, tra questi si annoverano: fanghi di natura sintetica (Synthetic Drilling Muds); fanghi a base di acqua (Water Drilling Muds) e fanghi a base di oli minerali (Oil Drilling Muds). In generale i fanghi agevolano da una parte la foratura del fondale, raffreddando e lubrificando lo scalpello e dall’altra consentono la risalita e la rimozione in superficie di detriti generatesi dalla frantumazione della roccia durante l’attività di scavo. Salvo poi scoprire che questi fanghi che sono difficili da smaltire se non a costi proibitivi, sono anche altamente tossici in quanto contengono elementi come: cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame, e che per effetto cumulativo finiscono inevitabilmente per contaminare la catena alimentare. Persino i fluidi perforanti a base di acqua non sono come spesso ci vogliono far credere biodegradabili, la loro composizione presenta argille bentoniche, solfato di bario, ematite, carbonato di calcio e secondo l’EPA - Enviromental Protection Agency degli Stati Uniti d’America – si possono riscontrare anche tracce di metalli pesanti. Di fatto un secondo studio condotto dall’ente costiero governativo statunitense - National Research Council - ha dimostrato come almeno settanta miscele diverse di fluidi perforanti a base di acqua abbiano avuto effetti tossici su oltre un centinaio di specie marine. Se poi consideriamo i dati dell'OMS è possibile desumere come l'inquinamento sia la prima causa di morte nel pianeta. Ecco che, cambiare il modello energetico è diventata una necessità, una nuova frontiera da perseguire, anche perché abbiamo da sempre considerato l’ambiente come un pozzo senza fine in grado di contenere risorse illimitate, e supportare qualsiasi nostra attività maldestra, ma solo dopo che siamo stati risucchiati e abbiamo toccato il fondo ci siamo resi conto che per salvaguardare l’ambiente c’è in realtà bisogno di una chiara e forte pianificazione sociale che coinvolga tutti a discapito di un decentramento dei poteri.

Serve quindi costruire istituzioni popolari alternative che trasferiscano il controllo delle decisioni sugli investimenti nelle mani della collettività. Ad oggi il “principale architetto” della politica economica non è la popolazione ed è proprio questa l’assenza che impedisce di agire nell’immediato per la tutela del pianeta. La Sardegna da questo punto di vista ha davanti a se una grande sfida, ma questa occorre che venga raccolta e perseguita nell’interesse dei sardi da una nuova classe dirigente, attenta alle questioni ambientali e capace di valorizzare le nostre risorse naturali affinché costituiscano il volano dell’intera economia della Sardegna, e crediamo davvero che questa sia la sola strada percorribile.   

Assòtziu Zirichiltaggia
Nugòro, 09/03/2014
Edoardo Cossu



sabato 8 marzo 2014

Sardegna, un letto di veleni: "Destinazione Italia"

La morale all’inverso cui siamo abituati da decenni quando constatiamo quali decisioni vengono prese dallo Stato Italiano a danno della Sardegna e della salute del nostro popolo ci indigna fortemente non solo per l’apparente illogicità che anima certe scelte ma anche per le conseguenze che queste produrranno nel tempo.

Ci sono infatti specifiche norme, come quella contenuta al punto quattro nel decreto “Destinazione Italia”, che non lasciano dubbi riguardo l’intento. Il decreto prevede che “Se i fatti che hanno causato l’inquinamento sono antecedenti al 30 aprile 2007”, viene meno l’obbligo del risanamento ambientale. Nettamente in contrasto al diritto comunitario che afferma invece il principio secondo il quale “chi inquina paga”.

Una norma che prevede di fatto una sanatoria per le grandi aziende multinazionali che hanno seminato veleni negli ultimi cinquant’anni. In sintesi, non ci sarà nessun risarcimento per siti altamente inquinati come Sarroch, Porto Torres, Portovesme, Ottana e i poligoni militari. Ma non è tutto. A questi grandi gruppi viene addirittura riconosciuta la possibilità di ricevere dei finanziamenti a patto che s’impegnino a reindustrializzare le aree avvelenate, presentando un progetto di rilancio, gli inquinatori beneficeranno infatti di un credito d’imposta di 70 milioni di euro.

A pagare saranno come al solito i sardi che si troveranno anche a sostenere i nuovi investimenti delle grandi aziende, in virtù di logiche di sfruttamento ambientale indiscriminato e di chiaro stampo coloniale che hanno già abbondantemente compromesso la sorte del nostro territorio e della nostra gente in cambio dell’illusione di un posto di lavoro. Il futuro che abbiamo davanti ha il sapore di nuovi veleni, come quelli che verranno sparsi dalla mega centrale a biomasse che l’Eni vuole realizzare a Porto Torres con la complicità della classe politica locale, prona ad accettare passivamente qualsiasi decisione venga imposta alla nostra terra.

In particolare la vicenda di Porto Torres, che ha visto il proscioglimento dei dirigenti dell’Eni accusati di disastro ambientale, rivela come una azione combinata della magistratura e della politica italiana permetta a chi inquina e avvelena il territorio di non andare incontro ad alcuna conseguenza consistente, né sul piano economico né su quello penale.

Le indagini erano partite nel 2003, quando una forte mobilitazione di indipendentisti aveva portato alla luce lo stato di inquinamento della collina di Minciaredda. Le indagini avviate avevano accertato che la responsabilità di tale avvelenamento era da attribuire all’Eni, la quale aveva inoltre scaricato nella rete fognaria dell’impianto diverse sostanze tossiche come cadmio, mercurio, policlorobifenile, benzene, rame, zinco e cianuri la cui presenza è stata poi riscontata nelle acque del golfo di Porto Torres.

Nonostante la certezza dei responsabili, le lungaggini della giustizia italiana e i repentini cambi di stato d’accusa (da disastro doloso a colposo) hanno evitato che il processo potesse arrivare in tribunale. Non c’è quindi, per lo Stato italiano e le sue leggi, nessun responsabile, grazie all’intervenuta prescrizione. E intanto il golfo di Porto Torres resta un letto di veleni.

Sarà dunque compito degli indipendentisti tenere alto il livello di attenzione sulle tematiche ambientali e impedire che nuovi piani di depauperamento delle nostre risorse procurino l’ennesimo scempio del territorio. Prospettando una totale inversione di rotta rispetto agli attuali progetti di sottosviluppo imposti dallo Stato italiano al nostro Paese e dando inizio ad una nuova stagione di lotte sociali per il risanamento ambientale, il risarcimento dei danni subiti dalle popolazioni locali e la riconversione industriale verso modelli economici ecosostenibili. Rivolgiamo pertanto un appello a tutte le forze indipendentiste affinché esercitino una forte pressione sul nuovo governo della Sardegna, e la tutela del territorio venga posta al centro del dibattito politico.

Assòtziu Zirichiltaggia
Tàtari 07/03/2014

Foto di: Daniela Piras



Sardegna 2014: strozzinaggio, sfratti e sfacelo

Da sempre siamo abituati a relazionarci con lo stato centrale attraverso un groviglio di documenti e carte: la burocrazia, dietro cui pare evidente ormai celarsi l’intento di creare un macchinoso sistema a danno dei lavoratori e delle imprese.

Accade così che la famigerata legge della vergogna, la n°44/88, quella per cui il governatore uscente Ugo Cappellacci, si vantava di aver trovato una soluzione, produca tutt’ora effetti disastrosi per decine di aziende sarde, messe in difficoltà da un sistema di prestiti che ha generato interessi lievitati enormemente nel tempo e diventati spesso inestinguibili oltre che da una crisi economica senza precedenti. Problematiche, queste, a fronte delle quali la politica unionista ha sempre risposto con vuote promesse di propaganda, ignorando il grido d’allarme e di disperazione lanciato dall’intero comparto agrario, stremato economicamente da un sistema fiscale indecente e dall’usura legalizzata perpetrata da Equitalia a discapito delle aziende sarde.

Quello a danno della Famiglia Spanu, è uno sfratto che ha dell’incredibile. Vent’anni fa ha contratto un debito di appena 16milioni di lire tramite una cambiale agraria, debito tra l’altro onorato, e oggi la loro azienda di sei ettari, del valore di oltre 600mila euro, viene venduta all’asta per appena 130mila euro. Il rischio è quello di lasciare l’intera famiglia per strada, essendo l’azienda anche la casa degli Spanu: dieci persone, tra le quali anche dei bambini. Una vicenda che dovrebbe essere risolvibile attraverso un accordo tra gli Spanu e l’acquirente. Nel caso si presentassero i carabinieri con a seguito l’ufficiale giudiziario la famiglia potrà comunque contare sulla solidarietà e sul sostengo di tantissimi indipendentisti che stanno presidiando l’azienda giorno e notte per impedire una simile vergogna.

L’Assòtziu Zirichiltaggia esprime solidarietà alla Famiglia Spanu di Arborea e invita tutti i sardi a intervenire a Sa Die de sa Bardiania convocata per domani, domenica 9 marzo, per ribadire la vicinanza e il sostegno a chi si vede vittima di una evidente ingiustizia e dell’indifferenza di una politica che pare essere interessata più alla spartizione di cariche di potere che ad incentrare la propria attenzione su quelle che risultano essere le situazioni più drammatiche e urgenti da risolvere in Sardigna. Anche per questo ci appelliamo all’unità delle forze indipendentiste, affinché sappiano porsi come interlocutori con le parti sociali più deboli, e imprimere nel dibattito politico la necessità di interventi urgenti a salvaguardia della dignità delle famiglie e dei lavoratori schiacciati dalla macchina dell’usura legalizzata dello Stato. Tra queste individuiamo il blocco immediato degli sfratti e l’istituzione di un fondo per l’accesso al credito agevolato alle aziende in difficoltà.

Assòtziu Zirichiltaggia
Tàtari, 08/03/2014
  

Die de sa Bardiania

DIE DE SA BARDIANIA - DOMINIGA 9 IN ARBOREA, SIENDA SPANU, STRADA INTERNA 22 IN SP S.GIUSTA-ARBOREA (a pustis de intrada a AlaBirdi) TOTU SA GENTE CHI CHERET DARE SOLIDARIEDADE A SA FAMIGLIA SPANU CHI CHERENT DISROBARE DE DOMO E DE SIENDA, ADDOBIET A INIE DAE SAS 9.00, SI FAGHET FESTA E BARDIANIA, DONGIUNU BATAT A MANNIGARE E A BUFARE, SI AZES BANCAS, TIAGIAS, FURCHEDAS E CADIRAS BATIDENE CARCUNA.

INFO: COMIDADU DE BARDIANIA NATZIONALE

CELL. 3487815084 / 3496107688 / 3317999788 E-MAIL: bardiania@tiscali.it



lunedì 3 marzo 2014

Elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale: analisi del voto

A circa due settimane dal voto, alcune considerazioni che avevamo esposto alcuni mesi prima si sono rivelate esatte; il movimento indipendentista non è stato infatti in grado di presentare all’elettorato sardo una proposta unitaria alternativa agli schieramenti italiani, partecipando alla competizione elettorale in formazioni fra loro disunite e contrapposte che hanno inesorabilmente impresso in gran parte dell’elettorato sardo – in particolare in una buona fetta di quel 48% di astenuti – l’idea di un indipendentismo non coeso e incapace di rappresentare un’alternativa credibile al sistema politico centralista. Considerazioni queste sulle quali crediamo valga la pena di riflettere a freddo, allontanando gli isterismi post-elettorali di chi, evitando di assumersi qualsiasi responsabilità politica, vorrebbe far ricadere la colpa di un fallimento evidente dell’indipendentismo sardo interamente su quel popolo che si gradirebbe al proprio fianco e al quale però non si riesce a comunicare in maniera soddisfacente il proprio progetto politico-elettorale. Così se da una parte l’indipendentismo mostra segni di grande vitalità, influenzando palesemente i programmi di tutti gli schieramenti politici e il dibattito istituzionale tanto da indurre destra e sinistra italiana a far proprie alcune sue battaglie storiche quali quelle sulla lingua sarda o sull’istituzione di una agenzia sarda delle entrate, dall’altra assistiamo ad una totale incapacità di dar seguito ad una strategia omogenea a causa di dirigenze personaliste e inconcludenti e disegni egemonici che puntualmente non fanno che spegnere entusiasmi ed allontanare risorse preziose dalle organizzazioni stesse.

A fronte di una sconfitta elettorale dell’indipendentismo non resta ora che considerare le opportunità che lo scenario politico attuale ci offre da qui ai prossimi cinque anni, consapevoli del fatto che le due formazioni alternative ai partiti unionisti, Sardegna Possibile (con forte trazione indipendentista) e Fronte Indipendentista Unidu, hanno raccolto rispettivamente quasi 76.000 e 8000 voti, a riconferma della presenza in Sardegna di una solida base sulla quale costruire un futuro progetto di governo in grado di scalzare i soggetti centralisti. Tenuto inoltre presente dei tantissimi indipendentisti che non sentendosi rappresentati e considerando andata in fumo l’occasione storica di presentare una lista unitaria, non sono andati a votare e quelli che, la loro preferenza, l’hanno data alla lista Zona Franca o ad uno dei movimenti o partiti che, pur avendo genesi in Sardegna e richiamandosi in qualche modo all’indipendentismo, hanno corso all’interno degli schieramenti italiani o, ancora, alla lista del camaleontico Mauro Pili. 

Il quadro che viene fuori da queste elezioni pensiamo sia però solo in apparenza di un indipendentismo ulteriormente frammentato, in quanto pare evidente che la centralità politica conquistata nell’ambito di questa esperienza da Sardegna Possibile e dal Fronte sia destinata a caratterizzare ogni decisione o iniziativa che si vorrà prendere nei prossimi tempi in ambito indipendentista. D’altronde non si può non considerare che solo l’assenza di una strategia condivisa e l’applicazione di una legge elettorale iniqua e sottovalutata non hanno consentito l’elezione di rappresentanti in Consiglio Regionale. Di fatti una lista indipendentista unitaria avrebbe permesso il superamento della soglia di sbarramento del 5% ma si è preferito invece seguire ben altre logiche politiche, all’insegna dell’opportunismo e della mancanza di umiltà e pragmatismo.

Progres e aMpI, che hanno rispettivamente stimolato la nascita di SP e del FIU, hanno oggi la grossa responsabilità di salvaguardare i risultati ottenuti da questi due importanti processi aggreganti, che hanno avuto in particolare il merito e la capacità di coinvolgere tanta gente nella stesura di programmi politici cuciti sulle reali necessità dei sardi e della Sardegna, affrontando concretamente le criticità che maggiormente colpiscono la nostra società.

Il vero limite di questa esperienza elettorale va ancora una volta rilevato nella mancata condivisione del metodo di scelta del candidato governatore, che ha poi inesorabilmente creato lo scenario confuso e contradditorio di cui sopra.

Non esistono alibi che possano giustificare l’assenza di una strategia unitaria che sottoponesse alla volontà della base indipendentista di tutte le organizzazioni, di tutto il movimento nazionale, la scelta del candidato governatore, per superare le difficoltà e le acredini fra soggetti perennemente in competizione e in contrasto fra loro per pure ragioni di spicciolo opportunismo politico. 

Non andrebbe ora sprecata l’occasione di estendere la centralità conquistata a tutto il dibattito politico sardo, approfittando – qualora lo si considerasse opportuno – delle sponde politiche presenti all’interno del Consiglio Regionale per interferire e pesare energicamente nell’ambito del dibattito istituzionale. In tal senso non sarebbe sensato chiudere aprioristicamente ad ogni forma di dialogo con Gavino Sale – neoeletto consigliere regionale – che ha manifestato apertamente la sua disponibilità a rappresentare le istanze indipendentiste all’interno del palazzo. D’altra parte, a fronte di un risultato elettorale insoddisfacente, gli indipendentisti hanno l’obbligo di sottrarsi a qualsiasi forma di marginalizzazione politica e di adoperarsi per trarre il massimo profitto da un dibattito pubblico il più ampio e inclusivo possibile. L’alleanza elettorale di iRS con lo schieramento unionista di centro-sinistra ha portato questo movimento inequivocabilmente fuori dall’indipendentismo, ma sarebbe fin troppo semplice, scontato e superficiale emanare sentenze di condanna inamovibili nei confronti di questa organizzazione senza invece assumersi l’onere di tracciare la strada verso un percorso di unificazione del movimento nazionale sardo, riconducendo su posizioni indipendentiste organizzazioni che alla luce dei fatti hanno assunto posizioni contrastanti con la lotta di liberazione nazionale ma con le quali riteniamo sia doveroso mantenere un livello di confronto basato sul rispetto. Al fine di veicolare le proposte indipendentiste anche laddove gli indipendentisti non hanno ancora rappresentanza e di conseguenza la possibilità di spostare gli equilibri di forza tra Stato Italiano e Nazione Sarda ma dove è possibile far emergere le contraddizioni interne alla classe politica unionista.

Di questi temi centrali e di altre importanti proposte si dovrebbe discutere nell’ambito di un dibattito post-elettorale pubblico e inclusivo, di cui si sente in maniera urgente e pressante la necessità, quale nuova fase costituente di un percorso unitario dell’indipendentismo. Unica prospettiva sulla quale riteniamo valga la pena lavorare è infatti la formazione di un soggetto politico plurale, democratico e costituito su base federale, in modo tale da consentire alle attuali organizzazioni di mantenere la propria autonomia elaborativa e organizzativa sui territori ma in sintonia con una politica nazionale omogenea e in grado di influire sull’esito di ogni futura consultazione elettorale.

Tra gli altri terreni di confronto che possono contribuire ad un radicamento dell’indipendentismo sul territorio e che meglio si prestano ad una azione unitaria, vi è quello dei rinnovi delle amministrazioni comunali. Con l’elezione a Consigliere Regionale di Gianfranco Ganau, attuale sindaco di Sassari, si prospetta nell’immediato futuro – essendo le due cariche incompatibili per legge – l’apertura di una competizione elettorale a ridosso della quale gli indipendentisti hanno il dovere di confrontarsi per portare una propria lista a concorrere alla guida della seconda città dell’Isola. Da parte nostra non verrà a mancare l’appoggio a qualsiasi proposta che ponga come imprescindibile ai processi di democratizzazione e di ricomposizione strategica dell’indipendentismo quello di una scelta del candidato sindaco attraverso le primarie, unico mezzo in grado di rendere la base partecipe alla costruzione di una alternativa credibile ai partiti italiani. 

Assòtziu Zirichiltaggia
Tàtari, 01/03/2014