mercoledì 6 gennaio 2016

Intervista a Stefano Galeano

Dopo aver visitato la sua ultima mostra di pittura all’ex Ma di Tissi, incuriositi dalla particolarità dei suoi quadri e dai tanti interrogativi che suscitano, abbiamo deciso di dedicare uno spazio all’artista poliedrico Stefano Galeano, pittore e musicista. I temi da lui affrontati sono molto forti, sfociano in una provocazione che mira a far riflettere e che riguarda tutta la società. La sua analisi è un monito chiaro in cui però si scorge anche la speranza di un cambiamento, come rivelano i suoi intensi quadri, dove la natura trova sempre il modo di rinascere.

Quando hai iniziato a dipingere e da dove nasce la tua passione per la pittura?
Non ho un vero e proprio ricordo di quando ho istintivamente deciso di impugnare un oggetto che producesse segni per iniziare a "graffiare" la carta. Forse ho iniziato come tutti i bambini, "pastrocchiando" e sperimentando l'uso di colori e supporti, sporcandomi le mani e capendo la consistenza della materia. Posso dire però con certezza che tutto iniziò quando ho appreso di non dover dimenticare tutto quello che ho imparato nella tenera età, non cedendo (o per lo meno cercando di non farlo) ad una omologazione che, evidentemente, non faceva per me. Forse la passione per questo genere di espressione nasce da una naturale propensione artistica, dal bisogno di dover ossessivamente trangugiare il mondo per poi doverlo inevitabilmente rigurgitare. Penso che tutto questo nasca da un senso di incompletezza spirituale.

Riguardo alla tua ultima esposizione “La persistenza della fine”: Sei soddisfatto dell’esito della tua mostra all’ex Ma di Tissi? Esiste un argomento comune sul quale si focalizzano le opere?
Per quanto riguarda la mia ultima mostra all'ex Ma di Tissi, posso dire che la mia soddisfazione è stata quella di vedere le persone che sono venute a vedere i miei lavori interessate a ciò che avevano davanti e, quindi, con mille chiavi di lettura, intraprendere con ognuno di loro, uno scambio di opinioni su quello che, secondo loro, avrebbero potuto rappresentare le mie opere. L'argomento esiste eccome. È una costante da almeno dieci o quindici anni a questa parte che si sposa in maniera viscerale con teorie di visite aliene sulla terra e teorie fantascientifiche (che poi, ormai, tanto "fanta" non sono) . Il tema di fondo che fa da brodo primordiale ai miei lavori è l'inadeguatezza del genere umano al pianeta terra e il suo rapporto con la natura, rapporto a senso unico dove l'uomo prende senza dare.

L'essere umano sembra provenire da altri mondi, non si cura del pianeta in cui vive e tratta tutte le altre specie con superficialità e per i soli propri scopi personali. Ecco, nei miei mondi, finalmente, l'essere umano scompare. Si estingue. Cessa di esistere per sempre. Anche le sue opere, le sue costruzioni, le città, e tutte le cose da lui costruite, vengono pian piano inglobate dalla natura e dalla sua magnificenza. Quindi si crea uno scenario dove la natura ha il suo massimo splendore in un tragico elogio a se stessa e alla scomparsa del genere umano.
Viste le tematiche legate al clima, cosa pensi della situazione ambientale della Sardegna? Si parla molto di inquinamento industriale e militare, c’è secondo te una via d’uscita?

Fortunatamente la Sardegna conserva ancora quella freschezza naturale che sta via via scomparendo con l'avvento della tecnologia e dell'aumento demografico. La Sardegna possiede quel giusto rapporto tra spazio naturale e presenza umana. Anche qui però vediamo una crescita dell'inquinamento atmosferico, ma ancor più tristemente, una crescita de “l'inquinamento mentale”. L'inquinamento mentale altro non è che la totale assenza di cultura applicata all'intelligenza, perché ciò che vedo io, girovagando per i posti di questa fantastica Isola, è spazzatura. Sacchi di spazzatura lanciati per le strade, mari inquinati da sostanze ignote, assorbenti galleggianti nelle rive di spiagge una volta paradisiache, questo è quello che noto. Non stiamo facendo altro che, in Sardegna come nel resto del mondo, anticipando la nostra estinzione. Riguardo l'inquinamento industriale e militare sì, ho ben in mente una via d'uscita pratica e veloce, ma, ahimè, sarebbe troppo violenta e penso che è meglio che in questo caso mi astenga dal dirlo.

A cosa ti ispiri principalmente nella tua opera pittorica? Oltre a dipingere, fai anche parte di un gruppo Metal, secondo te cosa si riesce a comunicare meglio con la pittura e, viceversa, con la musica?
Gran parte di ciò che creo, sia che si parli di musica che di pittura, lo faccio in maniera così istintiva che non saprei da dove traggo le mie ispirazioni. Sicuramente sono frutto di quello che vedo e che provo, a mio modo, a trasferire in immagine. Il modo più semplice di esprimerci, parlando di istinto primordiale dell'umanità Intera, quando ancora eravamo degni di abitare questo pianeta, è sempre stato quello dei segni, dei colori e dei suoni. Non penso esista modo più efficace e semplice allo stesso tempo. Probabilmente la musica esprime meglio emozioni più semplici come amore, rabbia o felicità, e non mi riferisco alla parola o ai testi ma mi riferisco al suono, solo al suono, mentre la pittura, facendo leva sul senso visivo, può essere più utile per esprimere mille altre sfaccettature di quei sentimenti primordiali prima citati, ad esempio la malinconia, l'inadeguatezza, la speranza o lo sdegno (per citarne alcuni) cose che nella musica dovrebbero essere espressi attraverso di un testo che li spieghi.

Intervista a cura di Daniela Piras
Tissi 04/01/2016
Assòtziu Zirichiltaggia