mercoledì 5 aprile 2017

Lettera aperta ai miei concittadini sull’imminente appuntamento elettorale



di Daniela Piras

Mancano un paio di mesi all’appuntamento elettorale che vedrà i cittadini di Tissi chiamati ad esprimersi per rinnovare il consiglio comunale. A così breve distanza non si assiste, però, ad un dibattito costruttivo sui progetti da realizzare nei prossimi cinque anni.
Mettendo da parte elenchi sterili su ciò che è stato fatto e su ciò che non è stato fatto dalle ultime giunte che si sono susseguite alla guida del paese, quello di cui si avverte l’assenza è una discussione sui temi, sulle idee e sulle proposte attraverso i quali ci si dovrebbe rivolgere ai cittadini.

Il volto di Tissi, negli ultimi tempi, si è molto modificato, da paese di poco più di 1300 abitanti è diventato un centro che ha visto incrementare il numero dei residenti di oltre mille persone. Un fatto in controtendenza con quello che, purtroppo, vediamo accadere nei piccoli centri che hanno una maggiore distanza da Sassari, i quali assistono a un progressivo spopolamento.

Questo incremento di abitanti del paese, però, è quasi impercettibile. Interi complessi residenziali sono abitati da persone che, trasferitesi principalmente dalla città di Sassari, invogliati dai prezzi delle abitazioni più accessibili, non frequentano minimamente il paese, limitandosi a dormirci, fenomeno che sta progressivamente trasformando Tissi in una periferia della città di Sassari. Il paese, parallelamente, appare svuotato e smorto: le vie del centro sempre meno vissute, il senso di comunità che va sparendo.

Considerando quindi il cambiamento avvenuto alla composizione della nostra comunità, bisognerebbe far fronte a due questioni fondamentali: la prima è rilevare che le esigenze del paese sono diverse da quelle del passato, la seconda è domandarsi se gli amministratori degli ultimi anni siano riusciti a conciliare i bisogni di tutti i cittadini (vecchi e nuovi) e di gestire al meglio questa nuova situazione.

Partendo dal presupposto che la crescita demografica è comunque una risorsa economica e che la vicinanza a Sassari è, di per sé, un punto di forza, ciò che bisogna scongiurare è che Tissi diventi un quartiere dormitorio di Sassari. Io sono convinta che questo non sia già avvenuto e che, se si agisce in maniera drastica su alcune criticità, il peggio possa ancora scongiurarsi.

I miei ricordi di Tissi, risalenti alla metà degli anni ’80, mi rimandano l’immagine di un paese pieno di vita. Le domeniche mattina la gente passeggiava al centro, andava a fare colazione nei bar che, in occasione della giornata di festa, si rifornivano di cornetti e pasticcini. Dopo la messa di metà mattina, giovani e meno giovani si sedevano nello storico “muraglione” a ridosso del belvedere a chiacchierare. Le sere d’estate le persone riempivano le vie del centro sino ad arrivare all’allora poco illuminata fine di via Brigata Sassari, quella che portava all’uscita del paese e alla zona che veniva chiamata “delle ville”, ovvero le prime singole costruzioni al di fuori del centro.

Un altro ricordo appartiene al lunedì mattina e riguarda il bellissimo mercatino che vedeva la presenza di bancarelle di ogni sorta, il quale si estendeva dalla piazza Municipale fino alla parte alta della stessa via. Può darsi si vendessero anche patacche, ma quello che lo rendeva “bellissimo” era la presenza della gente, le chiacchiere, gli incontri, in poche parole la socialità che ci stava dietro. Un altro bel ricordo è quello che riguarda l’aria che respiravo quando, per qualche motivo, la mattina non mi trovavo a scuola: via Roma era un viavai di persone, le attività apparivano fiorenti, il negozio principale, quello di “Zia Angelica” era un punto cruciale, si respirava un’aria di casa, oggi definirei quella sensazione un “collante sociale”. Sicuramente la vita non era perfetta e facile nemmeno allora, anche se la crisi economica era qualcosa di distante; era chiaro che chi voleva fare qualcosa la faceva, chi voleva restare in paese lo faceva e, a partire alla ricerca di qualcos’altro, erano per lo più ragazzi giovani che volevano fare esperienze fuori dalla Sardegna, e si trattava di una scelta.

Le cose cambiano ovunque e questo è normale però ancora oggi, come ieri, sappiamo che la forza di Tissi è sempre stata quella di saper mantenere le peculiarità della piccola comunità, unendole al vantaggio di avere la grande città a fianco, a uno schiocco di chilometri; in questo è stata una vera opera rivoluzionaria la costruzione della “strada nuova” e del ponte che ci ha permesso di accorciare in maniera drastica il tempo di percorrenza della tratta Tissi-Sassari, rendendo la vecchia strada che attraversava la frazione di Caniga, con le sue curve e il suo passaggio a livello, in breve tempo, solo un ricordo.

Vorrei offrire, con queste poche righe, degli spunti di riflessione che trovano sbocco in alcune proposte che mi piacerebbe vedere fra quelle dei candidati al consiglio comunale del paese:

Partirei dalla rivitalizzazione del tessuto commerciale del centro con l’introduzione di incentivi che favoriscano l’apertura di nuove attività

Ritengo essenziale che ci si preoccupi di rispettare i luoghi che appartengono a tutti, e per rispetto intendo la salvaguardia e la valorizzazione dello scopo per il quale sono nati, come ad esempio la sala del museo etnografico inserita nel complesso dell’ex mattatoio. Allo stesso modo sarebbe auspicabile assistere alla riqualificazione di locali che hanno avuto un’importanza strategica nel passato e che oggi meriterebbero di essere riutilizzati in un’ottica di affermazione culturale e di sviluppo socio economico del paese.

Tra i monumenti da valorizzare non può essere escluso il lavatoio storico, risalente al 1905, il quale si presta ad essere un luogo ideale in cui organizzare eventi culturali di alto spessore qualitativo e dibattiti di vario genere. I luoghi storici vivono e continuano ad esistere se vengono messi al centro delle persone, e non relegati negli angoli.

Per quel che concerne la struttura urbanistica, penso sia essenziale per il decoro del paese che le vecchie case, che oggi appaiono completamente abbandonate, nelle vie parallele a via Roma (la via principale) vadano risistemate o messe in vendita con bando pubblico a prezzi competitivi, cercando di trovare le risorse affinché si proceda ad una reale riqualificazione del tessuto urbano.

Considerando l’importanza del territorio sul quale è nato Tissi, credo sia imprescindibile agire in modo tale da riconoscere il valore del suo patrimonio archeologico e storico. L’ipogeo de “Sas Puntas”, uno dei più importanti ipogei di Età Nuragica della Sardegna, è attualmente abbandonato, nascosto da erbacce, al punto tale che, ancora oggi, molti cittadini di Tissi ne ignorano l’esistenza. Il sito andrebbe pulito e reso facilmente accessibile. L’ideale sarebbe seguire gli esempi di quei comuni che, scegliendo di puntare sul loro patrimonio storico, hanno costituito cooperative che si occupano di gestire e curare i siti archeologici, dotandoli di percorsi storici, cartellonistica e guide turistiche. Questo rappresenterebbe un’importante opportunità di lavoro, in una prospettiva di sviluppo economico legata all’archeologia, alla storia e alle identità del paese che, di fatto, è un piccolo museo a cielo aperto grazie anche alla presenza delle due chiese di età medievale, la Chiesa di Santa Anastasia e quella di Santa Vittoria, le quali risalgono al XII secolo. Grazie a questi monumenti, in passato, Tissi è stato scelto dal grande regista Mario Monicelli che, nel 1954, ha deciso di ambientare in paese il suo film “Proibito”, tratto dal romanzo “La Madre” di Grazia Deledda, che vantava nel cast la presenza di attori del calibro di Amedeo Nazzari, Lea Massari, Henry Vilbert, Paolo Ferrara e Mel Ferrer.  Le due chiese dovrebbero essere accessibili e visitabili, e bisognerebbe riuscire a sfruttare anche i punti che si prestano per realizzare riprese fotografiche e pittoriche.

Tornando al presente, se non si può certo negare che negli ultimi anni Tissi si sia distinto dal punto di vista culturale, è pur vero che non si può non notare la mancanza di una adeguata programmazione. Ad esempio, abbiamo una efficiente biblioteca, che andrebbe sicuramente messa nelle condizioni di disporre di maggiori risorse. Credo che in paese manchi una visione di insieme della cultura che partendo dalle sagre, passando per la promozione di eventi culturali, arrivi a rilanciare le iniziative della Proloco (al momento inattiva) in coordinamento con le altre associazioni presenti, come quella della consulta giovanile. Il tutto finalizzato alla realizzazione di idee che aiutino a riscoprire i nostri costumi e a valorizzare le nostre peculiarità.

Il fatto che Tissi non sia un quartiere dormitorio di Sassari è evidente anche da piccole constatazioni, per esempio vedere dei giovani giocare a “sa murra” nelle piazze o parlare in sardo non è così raro. A questi ragazzi si dovrebbero offrire dei punti di riferimento che gli permettano di acquisire maggiore consapevolezza della propria identità. A tal fine ritengo essenziale ripristinare lo sportello linguistico, attivo nel 2008, la cui esperienza è finita troppo presto nel dimenticatoio. Il nostro paese non è estraneo a quello che è il grande dibattito sulla lingua sarda. Di pari passo si dovrebbe cercare di promuovere i nostri artisti, i nostri poeti, i nostri pittori, in un’ottica di rilancio economico del paese, perché la cultura va a braccetto con la ricchezza, non solo intellettuale.

In virtù di quanto esposto, credo che Tissi possa ambire ad affermarsi come uno dei paesi guida del sistema Coros Figulinas, pianificando lo sviluppo del territorio insieme a paesi che distano pochi chilometri fra loro.

In conclusione, in un paese di 2300 abitanti, bisognerebbe cercare di rendere tutti partecipi di una idea di comunità affinché il paese venga vissuto in pieno e sentito come “proprio”. La programmazione dei prossimi cinque anni dovrebbe essere costruita sui reali bisogni della popolazione, ascoltando con attenzione quelli che sono i problemi dei suoi abitanti.

L’auspicio, per me che ho deciso di guardare queste elezioni dall’esterno e di provare comunque a dare un mio contributo attraverso queste poche righe, è quello di non assistere ad una campagna elettorale che abbia come tema la capacità dei candidati di riuscire a racimolare voti o di avere come unica motivazione quella di portare avanti una protesta fine a se stessa, senza aver ben chiaro un progetto alternativo.

La raccolta di questi suggerimenti implica, in automatico, non di fare un copia e incolla tra le pagine di un programma elettorale, ma che si riesca a dar vita ad un confronto in un dibattito da mettere in piedi con i cittadini, cosa imprescindibile anche in campagna elettorale. Tutti dovrebbero avere la possibilità di esprimere, durante un confronto, qual è la loro idea di paese, perché le idee non devono avere paura di essere espresse. Le idee non costituiscono che un punto di partenza, e hanno senso solo se accompagnate dalla capacità di realizzarle.

Tissi, 3 aprile 2017


domenica 19 marzo 2017

Contro la speculazione sulla spiaggia di Porto Ferro


Il P.U.L . (Piano di Utilizzo dei Litorali) recentemente adottato dal comune di Sassari, prevede la realizzazione di tre stabilimenti balneari e di infrastrutture che rischiano di stravolgere irrimediabilmente il volto selvaggio e la natura incontaminata e indomabile di Porto Ferro.

In opposizione all’intenzione del Comune e in difesa del litorale è nato il comitato “Giù le mani da Porto Ferro” e tutte le associazioni e le realtà produttive che operano nell’area hanno fatto sentire la propria voce di dissenso dopo aver intravvisto in questa scelta dell’amministrazione di Sassari un pericolo concreto. Pericolo dettato da scelte unilaterali che è giusto mettere in discussione, non soltanto per salvaguardare l’ambiente da quella che si presenta come una nuova speculazione a danno del territorio, ma anche per affermare un principio di autodeterminazione e di sovranità delle nostre comunità, che dovrebbero essere sempre coinvolte nella gestione delle risorse ambientali. In tal senso è necessario pretendere un cambio di rotta radicale della politica alla guida del nostro Comune.

L’amministrazione sassarese, per l’ennesima volta, nell’approvare il P.U.L., ha agito per conto terzi, contro gli interessi del territorio, contro gli interessi dei cittadini, contro gli interessi dei lavoratori e in questo caso di tutte quelle realtà economiche che operano nella spiaggia di Porto Ferro e che hanno contribuito a renderla una meta importante senza azioni invasive e nel rispetto delle peculiarità dell’area naturalistica.
Tutte queste realtà non sono state coinvolte nelle scelte dell’amministrazione che, di fronte alle prime proteste e alle prime perplessità, non ha perso l’occasione per agitare il fantasma del “ricatto occupazionale” come strumento politico in grado di assicurare la realizzazione dei suoi propositi. Non vi è però nessuna ragione, neppure economica, per trasformare il volto di Porto Ferro, se non quella di creare nuove clientele politiche secondo una logica affaristica che pone gli interessi dei cittadini e del territorio in secondo piano rispetto a quelli della politica.

L’approvazione del PUL va ad aggiungersi poi ad altri provvedimenti che in questi ultimi tempi la giunta Sanna ha voluto approvare, spesso persino con il beneplacito di tutta l’opposizione. Uno su tutti il piano particolareggiato del centro storico che di sicuro a breve farà tanto parlare di sé.
Un aspetto, questo, importante da sottolineare perché ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni all’interno del Comune di Sassari è una vera e propria lotta intestina al Partito Democratico, di cui a farne le spese sono i sassaresi. Una lotta fatta di dimissioni di assessori, una lotta di potere che si trascina dietro una infinita sfilza di polemiche sulla gestione del territorio e del patrimonio pubblico.
Si può dire che la tracotanza di Sanna e della sua Giunta abbiano ormai raggiunto limiti insopportabili, considerato soprattutto la distanza messa tra l’amministrazione e i cittadini, completamente esclusi, come nel caso di Porto Ferro, dalle principali decisioni che li riguardano.

La difesa del P.U.L da parte dell’ex assessore Carbini, a posteriori delle sue dimissioni, risuona di una debolezza sconcertante, dato che le stesse sono state accompagnate da una serie di critiche nei confronti della gestione dei rapporti tra il sindaco Sanna e suoi i cittadini, fatto più volte rilevato anche dalla stampa locale, cosa che ha contraddistinto evidentemente l’intero entourage del sindaco. Particolarmente sgradevoli sono risultate le critiche di esponenti della maggioranza che hanno ironizzato sul fatto che una delle ragioni della protesta e della mobilitazione contro il Piano sui litorali sia la presenza dei surfisti a Porto Ferro, dimostrando di non conoscere il territorio e, allo stesso tempo, mettendo in luce la distanza insormontabile che esiste tra la loro azione di governo e i cittadini.

Dagli indipendentisti del F.I.U. arriva l’invito a rendere questa battaglia il più estesa possibile affinché si faccia una grossa pressione sull’amministrazione comunale in modo tale da farla desistere dall’intento di portare avanti il proprio proposito, quello di trasformare Porto Ferro in una anonima provincia italiana, un non-luogo, somigliante a tanti altri dove è stato imposto un modello di turismo di massa che mal si concilia con la natura selvaggia e indomabile dell’area tra Capo dell’Argentiera e Capo Caccia. Il Fronte Indipendentista Unidu ha quindi dato la propria disponibilità a sostenere le mobilitazioni contro l’applicazione del P.U.L. attraverso la mobilitazione dei propri attivisti e la propria azione politica, con l’auspicio che questa diventi una battaglia di tutti i sassaresi e gli amanti di Porto Ferro.

Sàssari 19/03/2017



giovedì 16 febbraio 2017

Al lavoro per una alternativa nazionale


L’11 febbraio scorso si è svolta a Sassari una importante giornata di studio, dibattito e confronto pubblico incentrata sui diritti dei sardi e sulla necessità di costruire nuovi percorsi di emancipazione sociale e nazionale per la Sardegna. Si è aperta una nuova fase di un percorso lungo ed articolato. Una tappa che apre uno spazio di condivisione politica nuovo. Uno spazio caratterizzato dalla necessità di affrontare temi importanti quale quello della riscrittura dello Statuto, tenendo lo sguardo sempre puntato sui problemi reali di questa terra, sui diritti collettivi dei sardi, sulla necessità di dare delle risposte politiche concrete, specialmente in un momento di grande difficoltà economica come quello attuale: viviamo in un’isola di poco più di un milione e mezzo di abitanti e abbiamo oltre 260 mila disoccupati; il 2016 ha registrato un aumento di quasi il 50% di fallimenti rispetto all’anno precedente (sono fallite ben 243 aziende), ogni anno l’isola perde oltre 5000 persone, soprattutto giovani che emigrano in cerca di lavoro e condizioni di vita dignitose che questa terra non riesce più ad offrire. Si va via via sfaldando la solidarietà sociale, ci mettono gli uni contro gli altri, emerge con sempre più evidenza una forma di razzismo che spazia dalle piazze virtuali a quelle reali.

Ci vogliono far credere che il problema dei sardi non sia l’immobilismo politico della Giunta Pigliaru, non siano le politiche della subalternità, le logiche coloniali della dipendenza e della spartizione del potere amministrativo ed economico ma i migranti che fuggono dalla guerra,  dalla fame e dalla disperazione. Si mettono in discussione i valori della solidarietà e dell’accoglienza con il rischio di disgregare la tenuta sociale delle nostre 377 comunità.

Occorre dunque fare presto. Occorre dare delle risposte politiche ai problemi che affliggono l’Isola. Occorre costruire una alternativa politica, economica e sociale allo sfacelo verso cui lo Stato Italiano ci sta inesorabilmente mandando incontro. 

La scelta di organizzare un dibattito che focalizzasse l’attenzione sui diritti dei sardi nel secolo attuale imponeva che si discutesse in maniera pragmatica delle modalità attraverso le quali renderli reali, tangibili e attuabili. Parlare di modifica dello Statuto ha aperto una riflessione circa la possibilità di avviare un processo di trasformazione della società sarda nella prospettiva della scrittura di una nostra Carta fondamentale dei diritti, di una nostra futura Carta Costituzionale. Il tutto scaturito dalla necessità di agire su uno Statuto non più attuale, inadeguato a rappresentare la realtà moderna dell’Isola. Uno Statuto rimasto in gran parte inapplicato sia perché lo Stato italiano ci impedisce sostanzialmente di esercitare una qualsiasi forma di autonomia, sia perché le classi dirigenti che si sono alternate al potere nell’Isola, hanno sempre anteposto gli interessi particolari e quelli dello Stato centrale a quelli della Sardegna, ridotta oramai ad una circoscrizione periferica, marginale e ininfluente. Questo è il dato politico emerso nel corso del lungo dibattito della giornata di sabato 11 febbraio.   

Il ritenere non più procrastinabile la riscrittura di uno Statuto vecchio di settant’anni implica l’inizio di un percorso politico indirizzato all’ottenimento di nuovi poteri e maggiori spazi di sovranità. La riscrittura dello Statuto in tal senso deve passare per il riconoscimento di due principi imprescindibili: il riconoscimento giuridico della Nazione sarda e l’affermazione del suo diritto effettivo all’esercizio dell’autodeterminazione.

Si è inteso dunque avviare un processo politico che chiama in causa la società sarda e tutte quelle forze politiche e civiche che pongono al centro delle loro battaglie la Sardegna e gli interessi dei sardi.

L’immobilismo e l’inadeguatezza politica della giunta regionale, rendono il Governatore Pigliaru un interlocutore improbabile, non adeguato ad intraprendere un simile percorso di emancipazione e di trasformazione sociale.
Impossibile non ricordare la posizione delle più alte cariche della Regione – da Pigliaru a Ganau, passando per l’appoggio incondizionato e quasi del tutto unanime dei sindaci a trazione PD – completamente appiattita sulla linea del Governo Renzi in riferimento al recente referendum costituzionale. Una posizione a sostegno di una riforma che per la Sardegna rappresentava il preludio per il totale abbattimento dell’autonomia. Se avesse vinto il Sì, non ci troveremmo oggi a discutere la possibilità di accrescimento di poteri attraverso la riscrittura dello Statuto autonomo, quanto piuttosto a riflettere sulle strategie più idonee ad impedirne la sua cancellazione.

Nel voto del Referendum Costituzionale c’è un giudizio severo nei confronti del governatore Pigliaru e della sua politica. La percentuale dei No, decisamente più alta di quella espressa a livello italiano, contiene inoltre il segno della difesa dell’autonomia. Sull’onda di quel risultato, ottenuto anche per via di una forte mobilitazione indipendentista, è possibile oggi imbastire una battaglia per l’accrescimento di poteri reali. Nessuna ratifica della Costituzione Italiana dunque, ma una piena consapevolezza che per far prevalere i diritti dei sardi occorre partecipare alle decisioni che ne determinano il futuro. Su questo tema l’indipendentismo non è venuto fuori con una voce univoca, ma l’11 febbraio scorso è emersa in maniera distinta la volontà di dare seguito ad una nuova fase di confronto politico, incentrato sul confronto democratico e indirizzato alla costruzione di un percorso di lotte comuni e condivise.

Non è certo la prima volta che si richiama all’unità dei sardi e che si fanno dei tentativi di ricomposizione strategica dell’indipendentismo. Ci sono stati vari tentativi in passato, su iniziativa dei dirigenti politici così come della base. Tentativi non andati a buon fine e che non si sono fra loro incontrati; il processo iniziato negli ultimi mesi, però, ha la possibilità di raccogliere tutte le precedenti esperienze, ha la possibilità di rendere tutti protagonisti di questo percorso di ricomposizione del movimento nazionale, riattivando chi ha perso fiducia nella politica e nella possibilità di imprimere un cambiamento nella società sarda.

Non sono in grado di affermare che quello iniziato ad ottobre dell’anno scorso in occasione della conferenza stampa svoltasi al THotel di Cagliari – proseguito con la mobilitazione contro l’inceneritore di Tossilo, la mobilitazione contro la stortura della Asl Unica a dicembre fino ad arrivare a Sassari con il dibattito sullo Statuto e i diritti dei sardi – sia un processo irreversibile, ma sono certo che l’irreversibilità di questo processo dipenda dal grado di responsabilità generazionale che saremo capaci di dimostrare e dalla volontà politica di non sottrarci ad un confronto pubblico, partecipato ed inclusivo.
Nelle ultime settimane si sono susseguite una serie di iniziative e di incontri che hanno visto al centro del dibattito la lingua sarda, la municipalità, la battaglia per la smilitarizzazione dell’Isola e ancora la prospettiva della costruzione di una alternativa politica ai partiti italiani. Il fatto che il dibattito nasca e cresca lontano dalle scadenze elettorali mette al riparo dai personalismi e dal pericolo di dare vita ad alleanze strumentali costruite unicamente sul calcolo delle potenziali percentuali di voto. Le elezioni sono, in ogni caso, una eventualità con la quale occorrerà fare i conti se si vuole dare vita ad una alternativa di governo con testa e gambe in Sardegna. È necessario perciò che tutte le componenti del movimento che si va a formare attorno al principio dell’autodeterminazione siano disposte a misurarsi sui contenuti, sui valori condivisi e sulla scelta dei metodi più idonei ad individuare i rappresentanti del movimento stesso, coinvolgendo e rendendo protagonisti della scelta i sardi con l’indizione di primarie. 

Gli indipendentisti, già alla vigilia delle precedenti elezioni, avevano tracciato un percorso di inclusione e di partecipazione attraverso assemblee e conferenze aperte che hanno permesso ai movimenti civici, ai movimenti culturali e ai singoli di concorrere fattivamente alla formazione di liste e programmi elettorali. Esperienze perfettibili e avvincenti, pur se penalizzate da una legge elettorale liberticida ed antidemocratica che andrebbe subito cambiata per permettere la rappresentatività di tutto il tessuto sociale sardo. Non possiamo tralasciare che la coalizione Sardegna Possibile e Fronte Indipendentista Unidu con le rispettive preferenze raccolte (quasi 8mila la prima e quasi 80mila la seconda) hanno conquistato la fiducia e acceso le aspettative di cambiamento di una fetta tutt’altro che esigua di sardi.

Quello intrapreso è indubbiamente l’inizio di un nuovo processo politico, con la consapevolezza che niente è realizzabile dall’oggi al domani, tantomeno l’indipendenza, ma se non si creano adesso i presupposti politici e giuridici per l’effettivo esercizio dell’autogoverno e del diritto all’autodeterminazione, tutto diventa velleitario e funzionale solamente ad uno scopo politico scandito da slogan e parole prive di significato ideale ed incapaci di trasformazioni reali.

Giovanni Fara

lunedì 13 febbraio 2017

Partimus dae tue


Castello di San Michele, 
Colle di San Michele - Cagliari
Ore 9:15-13:30

Incominciamo il cammino Verso l'Alternativa Nazionale e partiamo da te.

Ti invitiamo a proporre, votare e discutere le idee migliori in un incontro partecipato il cui scopo è ragionare sui problemi e organizzare insieme un’agenda politica alternativa e concreta.

Il risultato di questo incontro definirà il programma di avvio di Alternativa Natzionale e le prime conferenze aperte tematiche.

Useremo carta, penna, parole e idee in libertà. Quali sono per te i problemi più urgenti della Sardegna? Quali i nostri punti di forza? Cosa vorresti aggiustare?

L'evento sarà strutturato in due fasi: una 'creativa' per raccogliere gli input dei partecipanti, e una 'valutativa' per discutere e selezionare le proposte che saranno oggetto dei futuri incontri.

***


Incumentzamus su caminu Pro s'Alternativa Natzionale e partimus dae tue: ti cumbidamus a pònnere is ideas tuas e votare e arresonare sas mellus in un’atòbiu pro ordingiare impari un’azenda polìtica alternativa.


S’arresurtadu de custu atòbiu at a detzìdere su programa de cumentzu de Alternativa Natzionale e is temas de is primus cunferèntzias abertas temàticas.

Amus a impreare paperi, pinnas e ideas in libertade. Cali ti parrint is problemas prus urgentis de sa Sardigna? Calis is mellus calidades? Ita ti dia pràghere a mudare?


info: mesanatzionale@gmail.com



martedì 7 febbraio 2017

Sos deretos de sos sardos in su de XXI sèculu

SOS DERETOS DE SOS SARDOS IN SU DE XXI SÈCULUS
Dae s'istatutu a sa costitutzione de sos sardos 
 
(SRD) Arrejonamos de is deretos de is sardos, de sos chi tenimos ma chi meda bortas non impreamos a prenu, de sos chi at esser ora de si dos pigare. Faeddamos de s’istatutu autonomìsticu e de comente du furriare in Carta fundamentale de is sardos. Nde faeddamos cun fèminas e òmines de importu de su mundu polìticu sardista e indipendentista e cun istòricos, costitutzionalistas e politòlogos de gabbale.
 
(IT) Discutiamo dei diritti dei sardi, di quelli che abbiamo già ma magari non utilizziamo appieno e di quelli che sarebbe ora conquistare.  Parliamo del nostro Statuto Autonomistico e di come poterlo trasformare nella Carta fondamentale dei sardi.  Parliamone con gli esponenti del mondo politico sardista e indipendentista e con storici, politologi e costituzionalisti di primo piano.
 
Pro s’Alternativa Natzionale ant a intervènnere:
– Cristiano Sabino
– Gianfranco Sollai
– Gianluca Collu Cecchini
– Claudia Zuncheddu
– Bustianu Cumpostu
 
Àteros Reladores:
– Carlo Pala (politòlogu)
– Federico Francioni (istòricu)
– Christian Solinas (Segretàriu PDd’Az)
– Paolo Mureddu (Rosso Mori)
– Bobore Cubeddu (Fondazione Sardinia)
– Ernesto Batteta (Sardegna Possibile)
 
Tàtari, 11 de freàrgiu 2017
Auditòrium Ex Cunventu de su Càrmine, Arburada de Umberto 11
10:00-13:00 e 15:00-20:00
 
 
 
 

 
 
 




mercoledì 1 febbraio 2017

CHI NON S’ANT A ISMENTIGARE


CHI NON S’ANT A ISMENTIGARE
Indimenticabili


Illustratziones a tema polìticu
de Salvatore Palita.
da su 4 de freàrgiu 2017
Carrera Cetti, Tàtari.
Sede de su Fronte Indipendentistas Unidu.


Le opere di Salvatore Palita sono delle rappresentazioni grafiche che cristallizzano parole ed immagini e che ripercorrono le vicende storiche di uomini che hanno attraversato la storia del proprio Paese, condizionandola e spesso cambiandone le sorti. Nelle sue opere viene trasmesso un messaggio che va ben oltre le immagini e che ha influenzato l’autore in tutta la sua carriera artistica, cominciata sul finire degli anni settanta e proseguita fino ad oggi.
Palita non vuole rappresentare l’immagine edulcorata da “merchandising”, utilizzando icone di eroi di altri tempi per moda o per enfatizzare la storia secondo una propria visione personale; vuole invece rappresentare elementi che hanno caratterizzato, nel loro insieme, un pensiero che ha oltrepassato i confini della storia e dei Paesi in cui sono state compiute sollevazioni popolari, vere e proprie lotte per l’affermazione dei diritti civili, per l’indipendenza e l’emancipazione dei popoli, delle rivoluzioni culturali e politiche che rappresentano il volto più reale della storia moderna.
Questo riesce ad esprimere Palita con le sue opere, non scordando i protagonisti storici della politica in Sardegna, come Giovanni Maria Angioy, Antonio Gramsci e Antoni Simon Mossa, per estrapolare un messaggio di lotta che colpisca il tessuto vivo della società sarda, con una celebrazione delle lotte antimilitariste e anti coloniali dell’isola. Dell’opera di Palita una cosa è chiara: i cambiamenti e la trasformazione della società non passano che dalle lotte reali che si fondano sulle basi teoriche di grandi pensatori che ancora molto incidono sull’immaginario collettivo e che, spesso, sono state da stimolo a vere e proprie rivoluzioni culturali. È come se i personaggi illustrati ci richiamassero ad un impegno di lotta reale. Non è casuale la scelta delle frasi che compaiono all’interno delle sue raffigurazioni: da Gramsci che odia gli indifferenti, al messaggio che rivela che l’oppressione di un popolo riguarda sì quel popolo, ma è spesso determinata da sistemi coloniali e imperialisti. Il messaggio che mi pare più evidente, della mostra, è che la lotta per l’indipendenza e la giustizia sociale di un popolo è la stessa di tutti i popoli, siano loro irlandesi, algerini, cubani, afroamericani, cinesi, vietnamiti, africani, russi, o sardi.
La Sardegna, rappresentata da Gramsci, Antoni Simon Mossa e Giovanni Maria Angioy, si integra, con la sua storia, nel mosaico dei continenti, ribadendo il concetto per cui ogni individuo non può essere pienamente se stesso se non ha chiara la propria identità.
La mostra di Salvatore ci porta a compiere un viaggio attraverso Algeria, Burkina Faso, Congo, Russia, Cuba, Irlanda, Vietnam, America, per riportarci in Sardegna, riuscendo a far riflettere su quanto la storia dei popoli oppressi si assomigli e, nonostante i differenti contesti storici, quello che importi sia non perdere la dignità e la voglia di esistere, nel senso pieno del termine, e fare in modo che questa spinta trovi sbocco nell’impegno concreto per cambiare lo stato delle cose.
Sassari 03/02/2017 (Daniela Piras)




Oristano, presentazione della Federatzione de sa Gioventude Indipendentista (F.G.I.)

Venerdì 3 febbraio alle ore 10:00, presso l’Hotel Mariano IV (Piazza Mariano n°50, Oristano), si terrà la conferenza stampa di presentazione della neonata “Federatzione de sa Gioventude Indipendentista” (F.G.I.).
 
Durante l’incontro, verranno illustrati gli obbiettivi e le finalità della FGI che riunisce collettività strutturate ma anche singoli già operanti nei vari territori dell’isola, all’interno di una rete che mira all’accrescimento della coscienza nazionale sarda e alla costruzione di un fronte comune giovanile contro il colonialismo italiano.
 
I campi d’azione della FGI, come anticipato da una nota stampa, saranno quelli dell’educazione e del lavoro giovanile.
 
La Federatzione non è un’emanazione di partito, non ha finalità elettorali ed intende aggregare i giovani con un’età compresa fra i 14 e i 30 anni.