Una domenica mattina di fine agosto accendo il computer e mi imbatto in uno
dei tantissimi post del sindaco di Sassari Nicola Sanna che ci ripropone una
sua riflessione di due anni fa, visto che nella città da lui amministrata va
tutto bene e c’è spazio per occuparsi anche di questioni ben più ampie, al
limite della filosofia, riguardante la sfida del PD sardo.
***
Testo:
La storia non si ripete.... quasi.
Due anni fa questa riflessione:
La sfida del PD sardo.
Alla distanza di sessanta giorni dalle primarie del 26 ottobre per scegliere un nuovo segretario regionale del PD, il quale sia autentico interprete della domanda di cambiamento che ci rivolge, ad ogni occasione, l'elettorato democratico sardo, penso che occorra dare un contributo ad una discussione congressuale che mi appare ancora troppo dimessa rispetto alle responsabilita' cui e' coinvolto un complessivo gruppo dirigente impegnato nel governo della regione, delle principali citta' e nella maggioranza dei centri minori dell'Isola.
Sono trascorsi dieci anni dall'alba di una esperienza di governo della regione, originale e densa di speranza e grandi aspettative, in parte non deluse, per una Sardegna nuova che pur basandosi sulle radici identitarie di un popolo, sulla inviolabilita' del suo patrimonio ambientale, e' riuscita a declinare -per la prima volta-, un essere isolani ma non isolati dal resto della nazione e dell Europa.
Ad un Partito nuovo e moderno, quale il PD ambisce essere, e' richiesta una progettualita', una visione, una definizione di prospettive ultradecennali non banali e comunque non limitate al successo nella prossima scadenza elettorale. Attorno a questo complesso di idee e programmi occorrono quadri dirigenti ampi e collettivi, rappresentativi di una societa' nella quale sono sempre meno apparenti le differenze e le discriminazioni di classe, ormai derubricate a semplici mancanze di pari opportunita', ma sono invece evidenti i segni dell impoverimento dei piu', che soffrono materialmente l'assenza di lavoro.
Le istituzioni e i partiti, l'Europa, con la quale si sono sviluppate negli ultimi settanta anni la pace, la democrazia e lo sviluppo economico mai conosciuti prima, appaiono incapaci a delineare il futuro di un area che, per la nostra Isola, e' di elezione primaria: il Mediterraneo. Nel rapporto con questa area geografica l'autonomia ed il federalismo sardi, assumono una dimensione che non possono solo misurare soltanto l’efficienza della pubblica amministrazione regionale ma devono rappresentare la piena consapevolezza dei cittadini sardi di poter svolgere un ruolo attivo e determinante nel panorama economico e sociale in quest'area geografica, che possa rispondere efficacemente al collasso del sistema industriale isolano, proponendo un nuovo modello di sviluppo che nel rapporto con la costa settentrionale dell Africa e dei paesi euro-mediterranei ritrovi i fondamentali economici e sociali per una nuova rinascita dell'Isola, ormai allo stremo.
In questo stretto rapporto, non possiamo lasciare che il destino della nostra Isola sia inesorabilmente segnato dal calo demografico e dal primato dei centenari, dalla nuova emigrazione dei nostri giovani e non solo; si offrirebbe cosi al Mondo un Isola vecchia e senza speranze.
La Sardegna puo' avere un destino diverso, ha potenzialità inespresse e risorse nuove a partire da quelle etiche e morali, culturali, professionali che sono fondamentali per una rinascita. La scelta di costruire una forza politica autonoma, riformista, federalista, democratica in Sardegna che sappia allargare quei confini tradizionali tipici dei partiti del novecento ad altri valori e radici di liberta' e indipendenza, e' essenziale per superare le ingiustizie che generano le piccole sovranità della quotidianità della politica locale, delle vecchie correnti di pensiero - ormai trasformate in tribu', in pacchetti di tessere o di elettorato -.
Tutto cio' genera ingiustizia, genera e lucra sul precariato di giovani che non vedono piu' l ascensore sociale generato dalla preparazione scolastica ed universitaria, dei meno giovani, spesso laureati disoccupati, di chi ha moglie e figli e a 50 anni e' espulso dal lavoro industriale o dei servizi. Dobbiamo saper reagire a questo declino, ma con le nostre forze e con le nostre prossime generazioni affinche' riacquistino, in Europa e in Italia, la dignita' di un popolo di un'Isola che non si isola, sapendo che dobbiamo costruire alleanze, senza facili concessioni, nelle istituzioni dove le decisioni che ci riguardano siano assunte con noi e non sopra di noi.
Ecco perche' serve un vero progetto di cambiamento per la Sardegna, serve un Partito Democratico Sardo che lo animi che si confonti con la nostra gente, serve un uomo o una donna che ne sia autentico interprete e protagonista insieme a tutti i sardi.
Due anni fa questa riflessione:
La sfida del PD sardo.
Alla distanza di sessanta giorni dalle primarie del 26 ottobre per scegliere un nuovo segretario regionale del PD, il quale sia autentico interprete della domanda di cambiamento che ci rivolge, ad ogni occasione, l'elettorato democratico sardo, penso che occorra dare un contributo ad una discussione congressuale che mi appare ancora troppo dimessa rispetto alle responsabilita' cui e' coinvolto un complessivo gruppo dirigente impegnato nel governo della regione, delle principali citta' e nella maggioranza dei centri minori dell'Isola.
Sono trascorsi dieci anni dall'alba di una esperienza di governo della regione, originale e densa di speranza e grandi aspettative, in parte non deluse, per una Sardegna nuova che pur basandosi sulle radici identitarie di un popolo, sulla inviolabilita' del suo patrimonio ambientale, e' riuscita a declinare -per la prima volta-, un essere isolani ma non isolati dal resto della nazione e dell Europa.
Ad un Partito nuovo e moderno, quale il PD ambisce essere, e' richiesta una progettualita', una visione, una definizione di prospettive ultradecennali non banali e comunque non limitate al successo nella prossima scadenza elettorale. Attorno a questo complesso di idee e programmi occorrono quadri dirigenti ampi e collettivi, rappresentativi di una societa' nella quale sono sempre meno apparenti le differenze e le discriminazioni di classe, ormai derubricate a semplici mancanze di pari opportunita', ma sono invece evidenti i segni dell impoverimento dei piu', che soffrono materialmente l'assenza di lavoro.
Le istituzioni e i partiti, l'Europa, con la quale si sono sviluppate negli ultimi settanta anni la pace, la democrazia e lo sviluppo economico mai conosciuti prima, appaiono incapaci a delineare il futuro di un area che, per la nostra Isola, e' di elezione primaria: il Mediterraneo. Nel rapporto con questa area geografica l'autonomia ed il federalismo sardi, assumono una dimensione che non possono solo misurare soltanto l’efficienza della pubblica amministrazione regionale ma devono rappresentare la piena consapevolezza dei cittadini sardi di poter svolgere un ruolo attivo e determinante nel panorama economico e sociale in quest'area geografica, che possa rispondere efficacemente al collasso del sistema industriale isolano, proponendo un nuovo modello di sviluppo che nel rapporto con la costa settentrionale dell Africa e dei paesi euro-mediterranei ritrovi i fondamentali economici e sociali per una nuova rinascita dell'Isola, ormai allo stremo.
In questo stretto rapporto, non possiamo lasciare che il destino della nostra Isola sia inesorabilmente segnato dal calo demografico e dal primato dei centenari, dalla nuova emigrazione dei nostri giovani e non solo; si offrirebbe cosi al Mondo un Isola vecchia e senza speranze.
La Sardegna puo' avere un destino diverso, ha potenzialità inespresse e risorse nuove a partire da quelle etiche e morali, culturali, professionali che sono fondamentali per una rinascita. La scelta di costruire una forza politica autonoma, riformista, federalista, democratica in Sardegna che sappia allargare quei confini tradizionali tipici dei partiti del novecento ad altri valori e radici di liberta' e indipendenza, e' essenziale per superare le ingiustizie che generano le piccole sovranità della quotidianità della politica locale, delle vecchie correnti di pensiero - ormai trasformate in tribu', in pacchetti di tessere o di elettorato -.
Tutto cio' genera ingiustizia, genera e lucra sul precariato di giovani che non vedono piu' l ascensore sociale generato dalla preparazione scolastica ed universitaria, dei meno giovani, spesso laureati disoccupati, di chi ha moglie e figli e a 50 anni e' espulso dal lavoro industriale o dei servizi. Dobbiamo saper reagire a questo declino, ma con le nostre forze e con le nostre prossime generazioni affinche' riacquistino, in Europa e in Italia, la dignita' di un popolo di un'Isola che non si isola, sapendo che dobbiamo costruire alleanze, senza facili concessioni, nelle istituzioni dove le decisioni che ci riguardano siano assunte con noi e non sopra di noi.
Ecco perche' serve un vero progetto di cambiamento per la Sardegna, serve un Partito Democratico Sardo che lo animi che si confonti con la nostra gente, serve un uomo o una donna che ne sia autentico interprete e protagonista insieme a tutti i sardi.
Nicola Sanna
Sindaco di SassarI
Sindaco di SassarI
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Parole come cambiamento, democrazia e responsabilità riferite al gruppo
dirigente del PD impegnato nel governo della Regione, risuonano, mai come oggi,
dense di ipocrisia e totalmente staccate dalla realtà. In particolare, risulta
grottesco il riferimento al riconoscimento delle radici identitarie del Popolo
sardo da parte di chi nega l’esistenza della Nazione Sarda. Alla luce di quanto
fatto dal PD sardo coinvolto nel governo dell’isola per la tutela e la
valorizzazione del nostro patrimonio ambientale (?), possiamo fare la conta dei
danni procurati dagli incendi, con oltre quattromila ettari andati in fumo solo
quest’anno per la totale assenza di opere di prevenzione e salvaguardia del
territorio da parte di una giunta regionale completamente assente. Questo
giusto per fare un esempio.
L’abusata dicotomia isolani/isolati rispetto alla questione Ryanair rende
perfettamente l’idea di una mancata cognizione della realtà da parte del gruppo
dirigente del PD, incapace di tutelare il diritto alla mobilità dei sardi e di
creare un’alternativa di trasporti tale da non renderci isolati dal resto
dell’Europa. Ciò che il PD ambisce ad essere e di cui parla Sanna è del tutto
ridimensionato alla luce dei fatti: quello che vediamo è proprio una mancanza
di progettualità, di visioni e delle prospettive che non siano banali e che non
siano improntate solo ad un raggiungimento di un risultato elettorale. Nessuna
prospettiva infatti di superare i modelli di sviluppo industriali e altamente
inquinanti che, in tutta l’isola, hanno compromesso ben 45mila ettari di
territorio.
Nel sassarese la presenza dell’industria chimica, divenuta uno dei perni
dello scambio di interessi economici e clientelari, procura un incidenza
tumorale del 50% più alta rispetto a quella di tutto il resto dell’isola. Ma il
PD, che Sanna rappresenta, non ha mai cercato di mettere in discussione tale
modello di sviluppo, pensando di pianificare una riconversione basata sulle
bonifiche, la valorizzazione e il rilancio in termini economici degli oltre
20km di costa del litorale sassarese, le cui spiagge, ancora oggi, nel 2016,
ospitano i residui della lavorazione industriale accanto a sdraio e ombrelloni.
Sanna afferma che: “una societa'
nella quale sono sempre meno apparenti le differenze e le discriminazioni di
classe, ormai derubricate a semplici mancanze di pari opportunita', ma sono
invece evidenti i segni dell impoverimento dei piu', che soffrono materialmente
l'assenza di lavoro.” La complessità di questa frase ci fa quasi perdere il
senso del discorso, si capisce che il sindaco ha colto il problema dell’assenza
di lavoro. E dire che poco tempo fa vedeva nell’emigrazione dei giovani
sassaresi, addirittura delle “opportunità in più” per chi restava. Segno
evidente di una grande e complessa capacità di analisi e di prospettiva che, in
qualche modo, lo metteva al riparo dal fare qualcosa di concreto per chi il
lavoro non ce l’ha. D'altronde è risaputo che città spopolate offrano grandi
opportunità…
Parole come pace, democrazia e sviluppo economico stridono con gli oltre
35mila ettari di territorio sardo occupato da basi militari (circa il 70%
dell’intero apparato militare italiano), sulle quali si addestrano gli eserciti
di mezzo mondo e si sperimentano ordigni di distruzione di massa poi impiegati
nei conflitti internazionali. Stridono con la ormai nota presenza della
fabbrica tedesca di armi alle porte di Domusnovas, la quale vanta un giro di
affari che solo nel 2015 ha raggiunto i 40milioni di euro. È evidente come il
fallimento delle istituzioni autonomistiche abbia in questi ultimi settanta
anni determinato la funzione strategica della Sardegna nell’ambito militare. Il
richiamo di Sanna ad un ruolo “consapevole e attivo dei cittadini sardi” nello
sviluppo dei rapporti economici e sociali del Mediterraneo, risuona quindi come
un goffo tentativo di nascondere e scaricare sul popolo sardo i gravi
fallimenti di un’amministrazione pubblica rappresentata da una classe dirigente
subalterna, arrivista e totalmente incapace di progettualità e slanci
ideali.
Pensando alle clamorose vicende che hanno scosso il PD negli ultimi anni,
ogni singola frase di Nicola Sanna risuona come uno slogan privo di reale
significato. Voglio ricordare la rinuncia della candidatura alla carica di
Governatrice della Sardegna di Francesca Barracciu quando è venuta fuori la
notizia dei fondi dei rimborsi destinati ai gruppi
politici utilizzati per finalità personali. Prima i 33mila euro che sarebbero stati spesi per pagarsi la benzina tra il 2006 e
il 2009 – giustificazione al limite del surreale – poi gli ulteriori 81mila
euro per cui è stata accusata di peculato. Accuse che per il PD devono essere
sembrate di poco conto dato che alla rinuncia alla corsa per la Regione è
corrisposta la nomina a Sottosegretario di Sato del Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo. Voglio ricordare la condanna di Renato Soru a
3 anni per evasione fiscale che ha portato alle sue dimissioni da segretario
regionale del PD e alla sospensione dal gruppo europarlamentare dei socialisti
e democratici, chiaramente per non mettere in imbarazzo il partito, visto che
se n’è guardato bene dal rinunciare al seggio. È ovvio che il prestigio
economico derivante dal ruolo assunto nelle istituzioni, per queste persone
rappresenta un valore ben più alto di qualsiasi etica e morale, nonché di
qualsiasi responsabilità nei confronti della comunità.
Nicola Sanna conclude la sua riflessione con parole che hanno davvero del
paradossale. Incita i sardi, o forse lo stesso PD, a reagire al declino a cui
la Sardegna va incontro a causa delle politiche attuate dai partiti
tradizionali, dalle consorterie che gestiscono “pacchetti di tessere o di
elettorato”, quasi che il Partito Democratico possa in qualche modo tirarsi
fuori da ogni responsabilità riguardo l’imbarbarimento della politica
regionale. Ma è proprio di fronte a questa palese mancanza di senso della
realtà e all’utilizzo continuo e inopportuno di toni da campagna elettorale
permanente che i sardi dovrebbero aprire gli occhi e chiedere conto di quel che
i partiti e certe personalità di spicco al governo stanno facendo per noi e per
la nostra terra. Evitare di fare autocritica, rispetto al proprio operato come
a quello del proprio partito, equivale nello specifico ad una accettazione dei
reali rapporti di forza e di subalternità che impediscono al nostro Popolo di
sfuggire ad un futuro senza speranza. Nell’intenzione di mascherare le
responsabilità del PD, Nicola Sanna non aggiunge un bel niente al dibattito
politico, consapevole di rappresentare, a livello cittadino, un partito la cui
esistenza è funzionale solo ad interessi particolari, per di più estrani e
contrastanti a quelli dei sardi.
Sàssari 28/08/2016
Giovanni Fara
Giovanni Fara