Domenica 13 Febbraio siamo stati a Quirra, a manifestare davanti al poligono militare per cercare di dare una risposta a una domanda che tantissimi Sardi si sono posti:
Chi uccide a Quirra?
Non si conosce con certezza quale sia la causa delle malattie che a Quirra colpiscono civili e militari. Non conosciamo il nome di ciò che provoca i linfomi, le leucemie, i tumori, ma sappiamo con certezza che ciò che uccide a Quirra è quello che sta dentro la base militare, qualcosa che succede all’interno del poligono durante le esercitazioni militari.
Sappiamo che ad uccidere a Quirra è la base stessa.
Per anni, militari, esperti ed equipe di studiosi hanno cercato di minimizzare, hanno cercato di farci credere che la causa del male fosse genetica, ereditaria, che il male fosse congenito, fino alle vergognose dichiarazioni di Fabio Molteni, comandante del Poligono, che nel 2005 in una intervista rilasciata ad una Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (Rtsi) affermava che la causa delle malattie è dovuta al fatto che i sardi si sposano tra di loro, tra cugini e fratelli. La prova starebbe nel fatto che abbiamo tutti lo stesso cognome. Ma oggi noi non possiamo non guardare in faccia la realtà, la notizia che il 65% degli allevatori che lavora attorno al poligono si ammala di tumore conferma ciò che da tempo sosteniamo: che all’interno della base si sperimentano armi micidiali che hanno ormai contaminato il territorio.
“Quando un proiettile all’UI impatta con un mezzo corazzato produce una temperatura pari a 3000 gradi celsius, un’evaporazione che genera il micidiale aerosol. Più alta è la temperatura più sottili sono le polveri metalliche che si creano”.Un pulviscolo così fine (“nanoparticelle non più grandi di un micron”) che non si accontenta di allocarsi “solo” nei polmoni ma che si addentra attraverso vasi e arterie in tutto il corpo dando origine “a leucemia, se raggiunge il midollo spinale, a linfomi, se aggredisce i linfonodi…”
Queste sono alcune delle osservazioni di Maria Antonietta Gatti, la responsabile del laboratorio dei biomateriali del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Modena e Reggio Emilia che sta indagando, su richiesta della Procura di Lanusei e della Squadra Mobile di Nuoro, sull’altissima percentuale di tumori riscontrati nell’area del poligono di Quirra (tumori e linfomi + 28% fra gli uomini e + 12% fra le donne).
Questo stato di cose è dovuto ad un comportamento criminale perpetrato sulla nostra terra da troppo tempo. La Sardegna è da sempre una terra ospitale. I sardi da sempre rifiutano la guerra. Eppure a Quirra c’è la guerra. Che siano guerre simulate poco importa perché i morti e gli ammalati che hanno causato sono veri!
Siamo stati a Quirra per abbattere il muro di silenzio che si è alzato attorno alla base e per denunciare la complicità dei politici e delle istituzioni che hanno permesso che una delle zone più belle e suggestive della Sardegna venisse letteralmente devastata dalla presenza di una base militare che si estende per circa 11.600 ettari di territorio.
L’arma alla quale ricorrono per permettere che tutto questo succeda sotto i nostri occhi ma che nessuno si ribelli è la stessa da oltre sessant’anni: il ricatto occupazionale.
Non solo Quirra, ma tutta la Sardegna oggi subisce un ricatto infame: il lavoro in cambio della possibilità di sfruttare il territorio per interessi del tutto estranei all’isola.
Uno dei motivi che hanno indotto il Comitato.Si.Nonucle a richiamare l’attenzione su quanto accade a Quirra è la consapevolezza che politici, affaristi e speculatori, proveranno a imporre le servitù nucleari così come hanno imposto alla nostra Isola una industrializzazione selvaggia e così come hanno imposto l’occupazione militare: con la promessa di nuovo sviluppo e nuovi posti di lavoro.
L’imposizione della chimica ha compromesso lo sviluppo di una moderna agricoltura e pastorizia, ha sottratto grandissime fette di territorio al turismo, e abbiamo visto quel che sta succedendo oggi, abbiamo visto la grande crisi industriale creare centinaia di migliaia tra disoccupati e cassintegrati.
L’occupazione militare invece interessa oltre 35mila ettari di territorio (il 70% dell’intero apparato militare italiano).
Questo è colonialismo! Questo è ciò che crea un rapporto di sottomissione e di subalternità del nostro popolo rispetto allo stato italiano. È chiaro che c’è una netta contrapposizione con gli interessi del Popolo Sardo.
Noi sappiamo però che possibile voltare pagina, che è possibile affermare il diritto del nostro Popolo di decidere sulla nostra terra, decidere verso quale futuro andare incontro, che è possibile essere protagonisti della nostra vicenda storica.
Possiamo costruire per noi e per le generazioni future un modello di sviluppo economico diverso, un modello di sviluppo eco-compatibile basato sulle reali necessità dei Sardi.
Sappiamo che è possibile chiedere e ottenere la chiusura delle servitù militari italiane, il risarcimento dei danni e i soldi necessari per le bonifiche, che assicurerebbero posti di lavoro per i prossimi trent’anni con sicuri benefici sia per la salute della popolazione che per il territorio, che sarà restituito alla collettività, che potrà decidere di utilizzarlo in base alle proprie esigenze.
Anche le basi militari degli americani nell’arcipelago de La Maddalena sembravano essere destinate a restare lì per sempre ma l’ostilità ambientale ha costretto i militari ad andarsene.
Richiamare alla responsabilità generazionale dei sardi e alla necessità di una loro partecipazione a queste lotte è indispensabile se davvero vogliamo essere protagonisti di un cambiamento sostanziale, che dia l’avvio ad un processo storico di emancipazione e di liberazione nazionale e sociale della Sardegna.
In queste lotte noi vogliamo portare l’esempio di battaglie come quella di Pratobello, quando nel 1969, 2500 persone occuparono le campagne di Orgosolo per impedire la creazione di un poligono militare. L’occupazione durò una settimana, fino a quando lo stato italiano non rinunciò al suo progetto. Quella fu una battaglia vinta grazie ad una grande mobilitazione popolare. Grazie alla gente che voleva i militari fuori dai propri terreni.
Allo stesso modo, noi domenica siamo stati a Quirra per dire basta, per dire “A FORA!”
Siamo stati a Quirra, in questa giornata di lotta, di VARDIANIA (SALVAGUARDIA), perché domenica a Quirra, abbiamo scelto di combattere la nostra Pratobello!
Tàtari 14/02/2011
Giovanni Fara