A volte anche ciò che sembra progresso merita una riflessione in quanto deve essere collocato nel contesto reale in cui si vuole realizzare. Partendo da questa prima considerazione non possiamo che prendere atto che il metanodotto che dovrebbe attraversare la Sardegna da sud a nord per ben 272 Km arriva con circa trent’anni di ritardo rispetto alla costruzione delle reti del gas nel resto d’Europa. Aspetto tutt’altro che trascurabile se si osserva che le notizie più recenti sulla disponibilità del gas algerino, che dovrebbe rifornire l’Italia passando per la nostra Isola, risultano essere molto limitate. Si prevede infatti una riserva di gas per i soli prossimi trent’anni. Considerando che la realizzazione delle reti di distribuzione indispensabili a coprire le esigenze dell’intera Sardegna necessiteranno in media di circa 7 anni, e che ad una riduzione del metano corrisponderà un inevitabile aumento del costo, si arriva alla logica conclusione che la costruzione del metanodotto non è assolutamente conveniente e che gli investitori per non andare in perdita caricheranno gli elevati costi sui consumatori finali, con il risultato che ci troveremo ad aver pagato un prezzo altissimo in termini ambientali senza ottenere in cambio alcun reale vantaggio economico. Questo semplice ragionamento basterebbe a smontare le teorie e le notizie fuorvianti di chi promette riduzioni sostanziose dei costi energetici per l’isola.
A dimostrazione di quanto appena detto vi è anche la consapevolezza che le scorte del gas risultano talmente scarse che la stessa Algeria, a partire dal 2014, avrà seri problemi a provvedere al proprio fabbisogno interno, ragion per cui la Sonatrach, la maggior azionista del consorzio Galsi, ha messo in discussione, ad ottobre di quest’anno, la validità del progetto. Tuttavia il carrozzone affaristico composto da speculatori e faccendieri e da una classe politica di servi e di imbroglioni pare non volersi lasciar sfuggire il mega business offerto dalla costruzione di un opera totalmente inutile ma che garantisce l’accesso ad ingenti finanziamenti pubblici, e prosegue perciò nella sua campagna di completa disinformazione a favore di ciò che si rivelerà essere per la Sardegna e il per Popolo Sardo l’ennesimo inganno.
Come in un film già visto assistiamo alla realizzazione di un progetto di sfruttamento del nostro territorio deciso da altri per noi, un progetto che non ha come obiettivo centrale la Sardegna, che viene invece utilizzata come “servitù di passaggio” per la realizzazione di una colossale opera coloniale funzionale solo ad interessi esterni. Prova ne sarebbe che nel piano di realizzazione dell’opera diffuso dal Galsi si prevede solamente il gasdotto principale, e affinché il metano possa circolare in tutti i comuni dell’isola, sarà necessario l’installazione di punti di allaccio, completare la rete di distribuzione e adattare quella già esistente ad aria propanata, il tutto ovviamente a carico delle nostre comunità.
Se i sardi vorranno usufruire del metano lo dovranno acquistare a costi di mercato, così come avviene per la benzina e il gas prodotti in Sardegna dalla Saras. Ci domandiamo dunque quali siano i grandi vantaggi sbandierati dal coro unanime dei partiti unionisti, arrivati al punto di presentare il progetto come la panacea di tutti i mali dell’Isola. La verità è che, esattamente come per la vicenda del nucleare, si tengono ben nascosti i rischi che gravano sull’ambiente e le economie locali (basate sul turismo, la pesca, l’agricoltura e la pastorizia), e si vuole invece imporre ai sardi il volere unilaterale dello Stato Italiano senza interpellare le comunità sui cui graverà questa nuova enorme servitù.
Il Gasdotto non porterà inoltre nessuna occupazione in Sardegna. Le aziende sarde verranno impiegate nei sub appalti al massimo per 3 o 4 anni. La gestione vera e propria del condotto non andrà ai sardi ma al gruppo HERA di Bologna (che nella società Galsi detiene una quota del 9%), come previsto dagli accordi siglati fin dal 2006. È evidente che così come è stato progettato il Galsi non è affatto un'opportunità ma un danno. Un grosso business in mano alle multinazionali, voluto dal colonialismo italiano e avvallato da una classe politica sarda sempre più servile ed ottusa. Per ciò siamo contrari alla sua realizzazione e invitiamo i sardi a mobilitarsi contro questo ennesimo scempio delle risorse e del territorio.
Riteniamo infine che debba essere affermato il diritto di decidere del nostro Popolo su tutte le cosiddette “grandi opere” che lo Stato Italiano vorrà provare ad imporci, puntando in modo deciso su un modello energetico eco-sostenibile e alternativo all’uso di idrocarburi (ricordiamo che il metano è uno di questi e che inquina esattamente come tutti i prodotti della derivazione petrolifera), un modello basato sull’impiego e lo sviluppo delle fonti rinnovabili che quando il Galsi entrerà in funzione (non prima di 10 anni nelle ipotesi più ottimistiche), avranno costi sicuramente più competitivi e convenienti.
È finito il tempo dell’accettazione passiva delle imposizioni e delle servitù italiane presentate come possibilità di sviluppo e dietro cui si nascondono invece interessi e affari esterni all’Isola. È tempo che i sardi costruiscano il proprio futuro e il proprio benessere con la conquista di una piena Sovranità Nazionale ed Energetica dell’Isola.
Tàtari, 29/11/11
Giovanni Fara
Daniela Piras